Il 5°Clone

[Cronache] Campagna dei Mezzorchi

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[Cronache] Campagna dei Mezzorchi

Messaggioda Beppe » dom mar 23, 2014 2:33 pm

Salve a tutti,

da oggi mi permetto di riportarvi la cronistoria della campagna che sto "masterizzando" su Roll20, che usa come sistema di gioco Pathfinder e come setting Forgotten Realms. Spero che la cosa possa farvi piacere e sono graditi commenti, consigli o critiche. Grazie.

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1° Capitolo - L’Avamposto

Oggi, ultimo giorno della prima decade di Mirtul, il sole ha cominciato a far sentire i suoi effetti e finalmente la temperatura si è alzata un po' facendo intendere che forse il tempo delle gelate mattutine sta per finire sebbene i picchi delle Montagne dei Giganti siano ancora completamente ricoperti di neve e la brezza che soffia la mattina faccia ancora accapponare la pelle.

È passata quasi una decade da quando siete tornati dall'ultima vostra missione... certo è stata portata a termine, ma ne siete usciti con le ossa rotte. Nulla di molto diverso dal solito, fa parte del vostro mestiere, della vostra vita, ma mai una volta che qualcuno dei capi abbia la decenza di dirvi almeno grazie... va beh in fin dei conti cosa ve ne fareste di un grazie... certe cose sono per le donnicciole.

È sempre un po' noioso quando siete confinati in città, ma a volte è proprio rilassante cullarsi nella monotonia della quotidianità, leccarvi le ferite tra l'addestramento giornaliero e una buona bevuta serale... basta che non duri troppo però!

E difatti mentre eravate a pranzo nell'ampio salone adiacente alle cucine una giovane recluta si è avvicinata con reverenza al vostro tavolo riferendovi che il Comandante Samael aveva convocato tutti gli Spacca-Teschi stasera al Gran Boccale, la sua taverna preferita, quindi qualcosa bolle in pentola.

La sera arrivate al Gran Boccale alla spicciolata, ma Samael è già la che vi aspetta in una saletta appartata. Il Comandante non è mai stato un simpaticone, sebbene nessuno abbia da ridire su le sue capacità in battaglia e sul suo acume tattico, ma stasera sembra ancor più cupo. Dopo avere offerto un giro di bevute a tutti, senza perdere tempo vi mette al corrente che nella mattinata è stato convocato direttamente dalla Regina Nesea per affidare agli Spacca-Teschi una missione di vitale importanza. Mentre parla notate tutti che quando Samael pronuncia la parola Regina, o Nesea o entrambe, ha come un attimo di esitazione, come se abbassasse leggermente il tono della voce… atteggiamento del tutto inusuale per lui che di solito è stentoreo nel parlare e deciso negli atteggiamenti, anche quando vi rifila qualche pedata o scappellotto!

Comunque la missione è quella di raggiungere un drappello composto da un centinaio di leve di prima fila che si trova già da tre giorni nei pressi di un avamposto umano che è stato eretto troppo vicino ai nostri confini e che la Regina non può tollerare.

Però poi Samael aggiunge che in realtà l’assedio è solo un diversivo, il vero motivo della vostra missione è che chi è al comando dell'avamposto possiede un oggetto che Nesea vuole a tutti i costi. Voi dovrete sfruttare il diversivo creato dalle altre truppe, intrufolarvi nell'avamposto e impossessarvi dell'oggetto prima che quegli aberranti umani possano distruggerlo o farlo sparire.

Il Comandante infine aggiunge che tutto quello che sa è che l’oggetto è un cilindro metallico argentato con sopra delle rune. Bisogna recuperarlo a tutti i costi e portarlo direttamente a lei il prima possibile. La partenza è prevista per domani mattina, e la Regina vi ha concesso tre giorni di viaggio per arrivare all’avamposto, altri tre per tornare ed uno per recuperare il cilindro e riportarglielo. Quindi dopo aver risposto brevemente ed in maniera asciutta alle vostre domande Samael vi saluta dicendovi che ha parecchie cose da preparare e da fare e che vi sareste incontrati l’indomani mattina presto presso le stalle principali per partire.

E così è stato, siete usciti dalla Porta Ovest e vi siete diretti a nord-ovest in direzione della Pianura dei Giganti. I tre giorni di viaggio sono trascorsi rapidamente e senza intoppi. La notte del terzo giorno della seconda decade di Mirtul siete arrivati nei pressi dell’accampamento delle vostre truppe assedianti.

Qui siete stati accolti da Guzun, il comandante di Squadra a cui è stato assegnato il compito di tenere sotto scacco e sotto sorveglianza l’avamposto fino al vostro arrivo per poi procedere con il piano imposto dalla Regina. Guzun, dopo avervi fornito informazioni molto dettagliate sull’avamposto e i suoi occupanti, vi informa che ha appena finito di costruire una grossa catapulta che utilizzerà per lanciare un grosso masso infuocato verso l’unico ingresso all’avamposto così da attirare il più possibile l’attenzione degli umani e permettervi di entrare furtivamente dalla parte posteriore scalando le mura. Una volta recuperato l’oggetto sarà poi premura e piacere di Guzun radere finalmente al suolo l’avamposto.

Grazie ad un ottimo tempismo nell’operazione tra voi e le truppe di Guzun il piano riesce perfettamente e riuscite ad entrare furtivamente nella struttura, ma l’uccisione di una delle guardie che era venuta verso di voi lungo il camminamento che percorre tutte le mura perimetrali, mette in allarme alcune guardie all’interno delle baracche.

Sebbene con qualche ferita lo scontro si risolve in vostro favore e dopo aver verificato che l’unico accesso alla Torre Principale è troppo in vista per essere utilizzato, decidete di perlustrare le baracche per vedere se trovate un metodo alternativo per accedervi.
Ultima modifica di Beppe il ven mar 28, 2014 2:14 pm, modificato 1 volta in totale.
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Vandriyan » dom mar 23, 2014 5:33 pm

Se postare qui il mio commento ti causa problemi avvisami che lo elimino subito ;)

Detto questo la tua idea mi piace molto, anche io ho provato un paio di volte a fare una cosa simile ma o per problemi miei o per problemi del gruppo le campagna che avevo iniziato a "cronachizzare" non sono mai andate molto avanti...però come idea mi è sempre piaciuta moltissimo, magari se ho tempo ci riprovo con una delle campagne pbf che sto giocando qui sul Clone.

In conclusione, a me l'idea piace, la realizzazione anche, e aspetto i prossimi episodi :D
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Beppe » dom mar 23, 2014 7:11 pm

Ciao Vandriyan,

in primis i commenti, di qualsiasi tipo anche negativi, sono assolutamente i benvenuti, anzi è proprio quello che cerco oltre ad un po' di auto-celebrazione! ;)

In realtà io ho già pronti altri 7 "episodi" per queste cronache visto che con il gruppo ci troviamo praticamente tutti i martedì e la campagna per il momento procede proprio bene... almeno io spero che sia così, però in realtà dovrebbero essere i giocatori a dirlo, non io. :)

Pensavo di pubblicarne uno ogni due-tre giorni finchè non mi metto in pari con la campagna stessa.

Tra l'altro causa impegni personali/lavoro abbiamo perso proprio in questi giorni un giocatore, anzi una giocatrice, quindi se ci fosse qualcuno interessato non deve fare altro che farmelo sapere.
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Vandriyan » dom mar 23, 2014 8:53 pm

Eh, non sapevo se preferivi averli via MP per mantenere "pulito" il topic...poteva essere un desiderio legittimo, chiedere non mi costava nulla XD

Sulla partecipazione mi chiamo fuori perchè vivo a Torino, anche se trovare un gruppo non mi dispiacerebbe (gli amici con cui ho giocato qualche volta son svaniti T__T) ma in questo periodo è un casino.

Tornando in tema, io una volta ho provato anche a riportarlo in stile racconto, cioè "romanzando" le descrizioni e gli avvenimenti proprio per rendere l'atmosfera di un racconto fantasy, che mi attirava molto come idea, ma per i problemi espressi su non sono riuscito >.<
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Beppe » lun mar 24, 2014 11:49 am

Guarda che giocando tramite Roll20 le distanze non hanno limite. Il nostro gruppo è composto da due milanesi, un sardo, un romano, un toscano ed un trentino. Uno di loro ha giocato tramite tablet anche mentre era negli U.S.A.! :)
Alla fine quello che conta è trovare gente che dia continuità e che si diverta... in fin dei conti gli stessi problemi che si hanno anche intorno ad un tavolo dal vivo. ;)

Cmq, la mia cronistoria non vuol avere pretese troppo alte. Sì cerco di abbellire un po' il racconto, ma praticamente mi limito a riportare quello che accade durante la sessione tralasciando magari le parti superflue/ininfluenti e concentrandomi sugli episodi più importanti/particolari/buffi/drammatici e soprattutto sul filo conduttore della campagna stessa.
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Vandriyan » lun mar 24, 2014 8:39 pm

ok, mi era sfuggito il dettaglio del gioco online XD, ma devo comunque declinare l'offerta: ho due campagne qui sul clone, più un altro GDR a cui partecipo...senza ovviamente tener conto della scuola e del rush finale dei prossimi due mesi.

Mi accontenterò di seguire le vostre (dis)avventure tramite la tua cronaca XD
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi - 1° Capitolo

Messaggioda Beppe » mer mar 26, 2014 11:18 am

2° Capitolo - La Torre Principale

Le baracche risultano vuote, ma c’era d’aspettarselo visto che chi le occupava è stato falciato dal vostro gruppo all’esterno con un certa efficienza, quindi proseguite la perlustrazione con il comandante Samael in testa e attraverso una stanza più piccola, che valutate appartenere a qualcuno di grado più alto rispetto alla truppa ordinaria, accedete a quello che sembra un deposito e da qui ad un’altra camerata più piccola di quella principale dove trovate ad attendervi un paio di guardie ancora intente a prepararsi. Lo scontro è veloce e non lascia alcuno scampo ai due malcapitati.

Da questa camerata avete accesso ad una stanza stretta e lunga adibita a deposito delle armi e a magazzino dove trovate una scala a pioli che vi conduce al piano superiore. Qui trovate un altro deposito di cibarie e vettovaglie ed un'altra stanza con tre letti, ma quello che attira subito la vostra attenzione è un’altra scala a pioli che vi fa accedere all’ultimo piano.

Quando uno alla volta sbucate sulla cima della torre di guardia vi trovate ad affrontare il comitato di benvenuto, ma i tre arcieri dopo una strenua resistenza sono costretti a capitolare sotto l’impatto violento degli Spacca-Teschi. I due grossi bracieri accesi sulla torre vi suggeriscono che sia utilizzata anche per segnalazioni all’esterno dell’avamposto, ma vi rendete anche conto che siete in un vicolo cieco e che la torre principale è totalmente fuori dalla vostra portata.

Comunque da qui potete avere una buona visuale sull’interno dell’avamposto e notate che l’attenzione del grosso degli umani è sempre concentrata sull’attacco diversivo condotto con zelo dal Comandante Guzun che ad intervalli regolari, atti proprio ad infastidire e sfoltire gl’occupanti dell’avamposto, inonda di frecce gli spalti frontali dello stesso. Purtroppo ci sono movimenti anche nel cortile centrale e questo mette a rischio la vostra possibilità di avvicinarvi di soppiatto all’unica entrata alla torre principale.

Deciso ormai a rischiare il tutto per tutto, Samael vi ordina di tornare indietro e di tentare un attacco frontale, ma quando ritornate all’esterno delle baracche Garek propone un piano alternativo e sfruttando una scala utilizzata dagli umani per accedere al camminamento intorno alle mura riuscite prima a salire sul tetto delle baracche e poi da questo a raggiungere la merlatura della torre principale.

Sulla cima della torre vi imbattete in altre tre guardie, ma qui lo scontro risulta un po’ più duro e dovete dare fondo alle vostre capacità per sbarazzarvi di loro. Fortunatamente le urla ed i rumori causati dagli altri umani occupati a destreggiarsi con le raffiche di frecce provenienti dai vostri commilitoni posti dall’esterno dell’avamposto coprono i rumori e le urla del vostro scontro dandovi la possibilità di aprire la botola sul pavimento e finalmente accedere all’interno della torre.

Purtroppo venite subito avvistati da una guardia posta al piano sottostante che fa scattare l’allarme e poi si rifugia in una stanza chiudendosi la porta alle spalle. Decisi a non perdere tempo vi calate rapidamente dalla scala pioli e vi catapultate al suo inseguimento sempre con Samael che funge da apripista. Spalancata la porta vi ritrovate in una grossa camera da letto dove quattro umani vi stanno attendendo, e non certo per fare quattro chiacchiere. Capite subito che almeno un paio di loro non sono semplici soldati e soprattutto quello che comincia a bersagliarvi da lontano con delle lance ha tutto l’aspetto di un ufficiale.

Samael è il primo a buttarsi nella mischia, ma gl’altri non si fanno certo attendere e da subito lo scontro risulta abbastanza duro e ad un certo punto Orrusk riesce a superare le ferite ricevute solo grazie al repentino intervento di Imsh, che nel frattempo ha evocato un cane e lo ha mandato in perlustrazione al piano inferiore attraverso delle scale a chiocciola in pietra presenti sul pianerottolo.

Ad un certo punto Samael si accorge che le cose stanno andando per le lunghe e si innervosisce ed il suo volto comincia ad assumere quell’espressione stravolta e furibonda tipica di quando perde le staffe ed accompagnato da un urlo bestiale carica i pochi superstiti con una ferocia incontrollata fino a che anche l’ultimo degli umani non cade sotto i suoi possenti colpi.

Non avete ancora fatto in tempo a riprendervi dalla scontro quando dal piano inferiore arriva il rumore di ringhi e abbai, seguiti a breve da un forte guaito. Dopo alcuni secondi di silenzio vi arriva chiaro il rumore di passi di corsa che stanno salendo le scale, quindi chiudete la porta della stanza e vi preparate a dare il benvenuto a chiunque apra quella porta. Non appena questa si spalanca ed un paio di guardie fanno capolino, Orrusk non gli da nemmeno il tempo di capire cosa hanno di fronte e riversa dalle sue mani un fiotto di fiamme vermiglie che li investe completamente carbonizzando parte dei loro indumenti e piagando le loro pelli fino alla morte.

Appurato che finalmente non sta arrivando più nessuno alcuni cominciano ad esplorare la stanza da letto dove è avvenuto lo scontro, mentre altri si preoccupano di verificare che le altre stanze a questo piano non possano riservare sorprese. Nella stanza vengono ritrovati alcuni oggetti di un qualche valore ed interesse, ma purtroppo non c’è traccia del cilindro metallico argentato e nelle altre stanze allo stesso piano non trovate nulla di utile. A questo punto non vi resta altro che scendere al piano inferiore.
Ultima modifica di Beppe il ven apr 04, 2014 10:37 am, modificato 1 volta in totale.
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi

Messaggioda Beppe » ven mar 28, 2014 2:15 pm

3° Capitolo - Il Cilindro

L’ispezione al piano inferiore avviene senza intoppi, ma purtroppo anche senza risultati. Difatti il piano terra della torre è sgombro, ad eccezione del cadavere di una guardia che giace sul pavimento dell’atrio di ingresso, e le stanze che perlustrate non contengono ciò che cercate. Dall’esterno continuano a provenire grida e rumori dell’assedio e questo vi fornisce ulteriore tempo per continuare la ricerca all’interno della torre, Samael è convinto che l’oggetto si trovi da qualche parte qui dentro.

Decisi a non lasciare nulla di intentato vi dividete tra questo piano e quello superiore per ripassare tutte le stanze nuovamente al setaccio e quando ormai le speranze sembrano risultare del tutto vane, Orrusk scopre qualcosa di strano all’interno di uno degli armadi presenti nella grossa camera da letto al primo piano.

Una delle grucce utilizzate per appendere gl’abiti risulta essere in realtà una leva che una volta azionata rivela un pannello movibile sul fondo dell’armadio che da accesso ad uno stretto antro segreto dove scoprite un robusto scrigno di legno con bande metalliche di rinforzo. Un lucchetto magico ne blocca l’apertura, ma grazie all’abilità di Ifmog riuscite ad aprirlo e scoprire cosa contiene.

Al suo interno ci sono diversi oggetti di valore, ma ciò che più vi interessa lo trovate all’interno di un cofanetto di legno sul fondo dello scrigno: un cilindro metallico con sopra incise rune criptiche.

Grazie ad una attenta ispezione di Imsh scoprite che le rune sono in realtà un arcaico, ed ormai perduto, linguaggio Vaati, parlato da un antico popolo denominato i Duchi del Vento, ma il chierico non conosce così a fondo la lingua da sapervi dire il loro esatto significato.

Samael non perde ulteriore tempo, si nasconde addosso l’oggetto ed ordina a Khan di salire sulla cima della torre e lanciare verso il cielo una freccia infuocata. È il segnale che Il comandate Guzun e le sue truppe assedianti aspettano con impazienza e, difatti, viene accolto con urla di trionfo ed immediatamente parte l’attacco in massa all’avamposto per eliminare gl’ultimi superstiti.

Quando uscite dalla torre trovate Guzun già nella corte ed i vostri commilitoni, che hanno rapidamente e scientemente fatto piazza pulita, stanno già depredando la struttura.

Samael non vuole perdere tempo e ritornati all’accampamento recuperate i cavalli e vi rimettete immediatamente in viaggio alla volta di Hillmound… la Regina Nesea non ama attendere!

Il viaggio di ritorno procede senza intoppi fino a metà della seconda giornata, quando arrivate nei pressi di un grosso torrente dalle acque tumultuose ed infide che è attraversato da uno stretto ponticello di legno. C’è una figura seduta al centro del ponticello che sembra intenta ad osservare lo scorrere delle acque, mentre sta canticchiando qualcosa.

Quando attirate la sua attenzione e si volta verso di voi vi accorgete che si tratta di una mezzorca di mezza età che vi grida “Salute a voi fratelli. Gli agenti della regina sono ovunque, quindi fareste meglio ad unirvi a me sopra questo santuario protetto dall’acqua corrente.” Non sapete bene come interpretare le sue parole, ma ad una vostra richiesta di chiarimento vi ripete l’urgenza di raggiungerla per mettervi al sicuro da un’ipotetica minaccia.

Guardinghi cercate di avvicinarvi, ma dalle torreggianti querce disposte lungo il sentiero e sulla riva del torrente sbucano delle creature che sembrano essere vomitate dai vostri peggiori incubi. Due ragni delle dimensioni di un piccolo pony sbucano dalle folte fronde dei grossi alberi, ma ad aggiungere altro al loro aspetto già agghiacciante notate che nel punto in cui dovrebbero esserci gl’occhi si protende una testa e un collo da lupo. Con una bocca piena di denti gialli simili a quelli di un cane vi attaccano. Il loro morso oltre ad essere doloroso vi procura dei brividi in tutto il corpo che non tutti riescono a scrollarsi di dosso rapidamente. Come se non bastasse vi accorgete che parte delle ferite che gli infliggete si rimarginano istantaneamente.

Nel frattempo notate che la mezzorca sul ponte, nonostante opponga resistenza e chieda aiuto nei vostri confronti, viene trascinata dalla parte opposta rispetto a dove siete voi come se fosse tirata da una forza invisibile.

Debellate le due creature ragno vi ritrovate nella stessa situazione una volta attraversato il torrente, dove altre due di questi orribili esseri si cala da altri alberi, mentre la mezzorca sembra essere sparita. Fatti a pezzi i ragni osceni scoprite che la femmina è stata trascinata fra le fronde di una delle querce e bloccata con dei filamenti argentei, quasi trasparenti, che al tatto risultano estremamente appiccicosi.

Tratta in salvo e liberata dal semi-bozzolo in cui la stavano rinchiudendo la mezzorca vi regala un sorriso strano e sinistro apostrofandovi con dure parole “Era ora che vi liberaste di queste creature inferiori, ormai credevo che non ce l’avreste fatta!”

Contemporaneamente alle spalle della femmina comincia a formarsi uno strano alone simile ad una nebbia eterea che lentamente prende forma. L’immagine incorporea che man mano diventa sempre più nitida vi lascia esterrefatti. Il vostro sangue orchesco ribolle ed un misto di terrore e reverenza prende il sopravvento sui vostri cuori. La figura che vi torreggia non è altri che Luthic, la Madre della Caverna, la Consorte di Gruumsh e la sua espressione è tutt’altro che amichevole!

Il colloquio con la dea è quasi un monologo, le sue parole sono sferzanti, dirette ed aggressive. Non usa mezzi termini, l’oggetto contenuto nel cilindro metallico non deve finire nelle mani di Nesea, anzi se volete che i vostri luridi fratelli mezzosangue di Hillmound abbiamo una minima speranza di proseguire la loro miserabile vita, dovete trovare altri pezzi di quell’oggetto.

Il tono di Luthic è duro, cattivo, si capisce che non nutre alcun affetto o rispetto nei vostri confronti, ma ammette che quello che prova verso Nesea è nettamente peggio, quindi ha scelto il male minore e si è presa la briga di mettervi al corrente affinché facciate la vostra misera scelta.

Prima che la sua apparizione svanisca riuscite a sapere ben poche altre cose dalla dea. Che la vostra prossima metà sarà una locanda a Proskur, il Menestrello Piangente, che oltre a Nesea dietro la ricerca di questo oggetto composto da più parti c’è anche una fantomatica Regina del Caos, che le creature che vi hanno attaccato sono demoni di rango inferiore, infimo stando alle esatte parole di Luthic, denominati Kakkuu, che Nesea sta utilizzando la vostra intera comunità per raggiungere unicamente i suoi scopi e che non appena li avrà raggiunti si sbarazzerà di voi che in realtà considera unicamente carne da macello, ed anche la dea pensa la stessa cosa di voi e che l’unica fievole speranza che la popolazione di Hillmound ha di sopravvivere è trovare le altre parti ed utilizzare l’oggetto contro Nesea stessa.

Scomparsa l’immagine, ai vostri piedi non rimane altro che il corpo rinsecchito, quasi incartapecorito, e prosciugato di ogni energia vitale della mezzorca. Una volta che vi siete scrollati di dosso l’ingombrante presenza di Luthic inizia una discussione tra voi Spacca-Teschi su cosa fare effettivamente. Da una parte la minaccia che la vostra intera comunità, e quindi i vostri fratelli, siano destinati ad un futuro breve, nefasto ed inglorioso, e dall’altra che il futuro breve, nefasto ed inglorioso ricada solo su di voi!

La decisione sembra ricadere su questa ultima opzione, quindi niente vi trattiene dal scoprire cosa effettivamente contiene il cilindro metallico. Orrusk lo apre è da esso fuoriesce un oggetto lungo circa 10 cm. Una parte dell’oggetto è di metallo lavorato e termina con una punta non affilata, ma tondeggiante, mentre l’altra parte è nera e lucida come l’ossidiana e sembra fatta di un materiale diverso dal metallo, ma indecifrabile. Avete la sensazione che all’estremità nera sia possibile attaccare qualcosa, ma non c’è alcuna filettatura o punto di aggancio. L’oggetto è leggero ed emana un’aura magica non esattamente identificabile.

Dopo aver progettato un piano sommario per cercare di depistare eventuali inseguitori messi sulle vostre tracce, recuperate i cavalli e seguendo l’argine del torrente tornate sui vostri passi diretti verso nord… prossima tappa Proskur!
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi

Messaggioda Vandriyan » sab mar 29, 2014 5:43 pm

Piccola richiesta, sarebbe possibile inserire un riassunto dei pg, nomi, classe, volendo anche il bg o almeno una descriione sommaria? Renderebbe più facile seguire il tutto ;)
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Re: [Cronache] Campagna dei Mezzorchi

Messaggioda Beppe » dom mar 30, 2014 12:10 am

Ciao Vandriyan,

eccoti accontentato... è un po' lungo... :lol:

Ashtart: Mezzorca - Strega 4 - CN
Ashtart è una giovane mezzorca dell’età di 25 anni, nata da Hugrstrail e da Shenrak in un villaggio della costa. Ashtart non è il suo vero nome, quello vero è un suo segreto, lei conosce il potere che è nascosto all’interno del nome per questo ha scelto di farsi chiamare Ashtart, gli unici che lo sanno sono i suoi genitori. (si chiama Shenin) Non è alta per essere una mezzorca la pelle molto abbronzata, tipico dei paesi sulla costa, ma l’abbronzatura ha più un colore tendente al giallo. Ha i capelli neri raccolti in treccine (tipo rasta) tenuti lunghi, gli occhi scuri, così scuri da sembrare neri, come le labbra tinte sempre di nero. Porta un vestito molto leggero con la gonna al ginocchio, il vestito corto lascia intravvedere delle cicatrici che assomigliano a delle rune incise nella pelle con il fuoco. La maschera tendenzialmente la porta appoggiata sulla testa, è un pezzo di legno che le copre gran parte della faccia quando indossata, lascia fuori soltanto l’occhio destra e parte della parte destra della faccia. Le cose che si notano subito sono un ossicino in mezzo alla fronte e la bocca disegnata, i denti sembrano veri. Pochi anni dopo la sua nascita è stata portata a vivere poco fuori dal villaggio, lasciata nelle mani del vecchio sciamano. Li ha imparato l’arte del curare con erbe e impacchi e del ricucire ferite. D'altronde la vita era così, i maschi andavano in guerra e qualcuno doveva poi occuparsi di loro quando tornavano, anche perché vista la frequenza delle guerre e il continuo bisogno di nuovi guerrieri era un peccato buttare via così tanti giovani solo per delle infezioni o ferite potenzialmente non mortali. Lo sciamano, vedendo la voglia incredibile di applicarsi, il talento naturale della ragazza e soprattutto la curiosità verso tutto ciò che sembrava magico, le fece scoprire l’arte segreta del Voodoo. Molto presto ha iniziato la sua vita come avventuriera, è andata su una nave pirata per diversi anni dove aveva il ruolo di medico di bordo. Visto alcuni suoi poteri veniva sfruttata molto spesso per catturare ostaggi o nemici e per interrogarli. Rispettata da tutto l’equipaggio (forse perché avevano paura di lei), partecipava spesso alle gozzoviglie e fu dopo una di queste che ebbe una discussione con il capitano. La mattina dopo tornata al molo non c’era più la barca, l’avevano abbandonata. Su quel molo giurò vendetta, quando avrebbe ritrovato la nave pirata “Mefisto Nero” e il capitano “Och Orschl” gli avrebbe fatto subire lo stesso destino. Da quel momento visse per un breve periodo ai margini della città potenziando il suo legame con il suo patrono, controllava sempre se fosse tornata la nave pirata ma in 1 anno non si fece mai vedere. Invece venne a conoscenza che all’accampamento militare cercavano dei curatori. Decise quindi di presentarsi, d’altronde anche lei aveva bisogno di mangiare ogni tanto e a cacciare o a pescare non era proprio brava. Nell’accampamento è stata inserita direttamente nel gruppo dei Spacca Teschi a cui s’è “affezionata” il suo scopo è evitare che muoiano tutti curandoli e proteggendoli durante gli incontri. Non sono infatti poche le volte che le hanno salvato la vita in missioni pericolose e lei tende a ripagare i suoi debiti.

Garek Urzul: Mezzorco - Ranger 5 - LN
Garek Urzul nacque da una coppia di mezzorchi di povere origini trasferitasi alla grande fortezza di Hillmound in cerca di una vita migliore per chi, come loro, veniva stigmatizzato per le proprie origini. Fu qui che Garek nacque e crebbe. Il padre non poteva vantare né nobili origini né speranze per un futuro che lo rendesse celebre, pertanto riversò le sue speranze nel figlio, spingendolo, sin da giovane, a percorrere la carriera militare, che nella città dei mezzorchi era quella che godeva di maggiore rispetto. Tuttavia il giovane Garek non mostrava particolare attitudine al combattimento corpo a corpo, né godeva di una prestanza fisica tale da renderlo un candidato ideale per i guerrieri di Hillmound. La sua scaltrezza e il suo potenziale non passarono, comunque, del tutto inosservati, tanto che venne reclutato dai Ranger di Hillmound, un gruppo di arcieri che godeva di una minore notorietà rispetto ai guerrieri, ma che rappresentava una fondamentale risorsa militare e gestionale per la città. All'interno di tale gruppo Garek poté addestrarsi al tiro con l'arco, oltre che al combattimento in generale, ma anche a sopravvivere negli ambienti sfavorevoli all'esterno della città. Le sue capacità gli permisero presto di prendere parte non solo alle battute di caccia, ma anche al pattugliamento dei confini e ad alcune piccole incursioni in territorio nemico, nelle quali l'accuratezza di piccoli gruppi di ranger era più utile della forza bruta di un'orda. Il suo addestramento lo costrinse ad allontanarsi sempre di più dai suoi genitori, ma nei ranger Garek trovò una nuova famiglia, formando legami con i compagni con cui era in gruppo, abituandosi a considerarli come fratelli e a rischiare la vita per loro. Sebbene Garek non fosse una persona che amasse sfoggiare le proprie abilità, quando la regina Nesea decise di formare il gruppo d'élite degli "Spacca Teschi", fu proprio Garek ad essere indicato come ranger scelto. Garek si era ormai abituato a sentirsi parte dei ranger, più che di Hillmound stessa, pertanto tale onore non poté completamente soppiantare la tristezza dell'allontanamento dai suoi "fratelli" ranger. Tuttavia, pronto a ritrovare nuovi fratelli da proteggere nel suo nuovo gruppo, Garek si accinse a percorrere una nuova ed inaspettata avventura...

Gorkamunda (Gorka): Mezzorco - Guerriero 4 - LN
Nacqui a Chessenta come un tipico mezz'orco, frutto della violenza di un mezz'orco su una femmina umana durante i tumultuosi eventi della storia recente di Chessenta. Mia madre, preda dell'angoscia e della vergogna, mi abbandonò neonato ai margini di una strada carovaniera. Subito dopo venni notato da un gruppo di artisti itineranti, facenti parte di un piccolo circo che raccoglieva come membri i più disparati e, a volte reietti, individui rifiutati dalle società cittadine. Durante la mia adolescenza non mi venne mai fatto pesare il fatto di essere un mezzo sangue, per di più orchesco, ma mi integrai velocemente tra gli artisti del circo, e con i loro figli. Nonostante la mia buona volontà, tuttavia, non emerse mai in me nessuna propensione per alcun lavoro circense, né di abilità né di magia. La mia unica caratteristica era la stazza, unita a una forza non comune. Per tale motivo divenni be presto addetto ad accudire gli animali che il circo portava con se, di taglia media e grande. Non era molto impegnativo come lavoro, ma mi piaceva stare a contatto con le bestie del circo, e il lavoro mi faceva sentire ancor di più apprezzato dalle persone che mi circondavano. In compagnia del circo abbiamo girato i più disparati villaggi dei Reami, portando un po' di divertimento per giovani e vecchi, per tutte le stagioni. Un giorno maledetto, tuttavia, il circo venne eretto all'esterno di un piccolo villaggio, su un terreno che, scoprimmo poi, era sconsacrato. Poco mi ricordo di quello che successe durante la notte. Tutti gli artisti e gli animali vennero in poche ora della notte massacrati da cadaveri senza vita che iniziarono a emergere dal terreno. A poco servirono i nostri sforzi per contrastarli. Io stessi rimasi paralizzato e gravemente ferito, ma riuscii, io solo a mettermi in salvo e recuperare le forze. Da allora, dopo aver seppellito tutte le persone che costituivano la mia famiglia, nutro un odio viscerale per i non-morti. Da allora ho iniziato a girovagare nei Reami, senza però abbandonare gli insegnamenti e lo stile di vita che mi era stato trasmesso dai miei amici circensi: il rispetto della diversità e della libertà.

Ifmog: Mezzorco – Ladro 4 – CB (Ritirato)
Il mio nome è Ifmog, e sono un mezzorco. Sono nato 19 anni fa in un piccolo insediamento alle porte di Mithril Hall. Nei momenti di relax Indosso degli occhiali con montatura d’osso per leggere e sono di indole amichevole. Nonostante la mia stazza non indifferente me la sono sempre cavata bene nelle battute di caccia, arrivando ad avvicinarmi ai cervi per dar loro pacche sui fianchi senza che se ne accorgessero prima. Riesco ad essere silenzioso, agile e rapido di mano molto più dei ragazzi umani. Mio padre, Gothlúk, vive ancora al villaggio, dove lavora come taglialegna alla segheria. Mia madre era una mercante originaria delle Valli, e morì dandomi alla luce. Mio padre dice che ho preso la lingua sciolta e la capacità di contrattare da lei. Di lei ho pochi ricordi, giusto alcuni sprazzi. Sono cresciuto aiutando mio padre alla segheria, e nel villaggio non mi hanno mai trattato male. Durante una scorribanda con gli amici nei boschi mi sono imbattuto in un bellissimo unicorno, che mi ha… parlato. Da allora l’ho cercato innumerevoli volte senza mai riuscire a ritrovarlo. L’incontro con quella magnifica creatura fatata ha cambiato per sempre la mia vita, spingendomi a cercare l’avventura. Vista la mia destrezza e abilità, Ghoren, un commerciante itinerante che viene un paio di volte al mese al villaggio, mi ha addestrato nell’uso della corda, mi ha insegnato ad “ascoltare” le serrature, ad avvicinarmi di soppiatto alle persone e a sfilare loro dei ninnoli… che ho sempre restituito tra le mie risate e le imprecazioni degli abitanti. Cosi come sono agile con le mani per i lavori di precisione, sono goffo con le armi. Non uso più la spada dopo che ho rischiato di mozzarmi una gamba nel maneggiarla. Da allora solo randelli o mazze ferrate. Di solito porto con me anche un pugnale ed un frangilama da usare in caso di emergenza. Sto imparando, con non poca fatica, a tirare con la balestra e con l’arco. Detesto togliere la vita a qualsiasi creatura, anche se si tratta di cacciare per fame. Questo non mi impedisce di menar le mani in una rissa senza pensarci due volte. Spesso mi dicono che sono piuttosto ingenuo e tendo a credere a quello che mi viene detto senza pensare al fatto che chi mi trovo di fronte possa mentire. Sono testardo e risoluto: quando mi metto in testa qualcosa devo portarla a compimento ad ogni costo. Sono paziente e tollerante, ma non dimentico mai un torto. In questi casi so essere vendicativo e a volte anche crudele. Nei confronti degli individui che mi hanno ferito sono in grado di compiere qualsiasi cosa (finora non ho mai ucciso) senza provare nessun rimorso. Mi piace la figlia del fabbro, una ragazza imponente (per essere un umana), con un carattere forte e deciso, ma non credo si sia accorta di me… almeno in senso romantico. Quando tornerò al villaggio abbigliato come un gran signore allora si che si accorgerà di me! Il villaggio ha cominciato ad andarmi stretto tre anni fa, quando ho abbandonato la segheria di mio padre per seguire Ghoren e fargli da guardia del corpo. Da allora girovago di villaggio in villaggio nelle Marche d’Argento, continuando ad esercitarmi nella mia professione di… trovatore di oggetti (così mi definisce il mio mentore). Tra gli altri commercianti itineranti mi sono guadagnato una certa reputazione e mi guardano con rispetto (o forse paura, non l’ho ancora capito) dopo che ho riscosso, con le buone o con le cattive, alcuni crediti per conto del mio maestro. Ho imparato a mie spese quanto sia diversa la vita fuori dal villaggio, e quanto conti il colore della mia pelle o i lineamenti del mio viso. Negli ultimi tempi ho cominciato a nutrire un certo risentimento per tutti i “sangue puro”, al punto da arrivare alle mani anche per un nonnulla. Seguo, anche se in modo non troppo accorato, Lathander e Shargaas.

Imsh: Mezzorco – Chierico 4 – CN (Ritirato)
Ha giocato solo un paio di volte poi si è ritirato senza mai fare il background.

Khan'Ha'Gorn (Khan): Mezzorca - Barbaro 4 - LN
Le città sono luoghi caotici. Le voci, i rumori sembra che la testa non riesca a sopportare tanti stimoli contemporaneamente. Ed è per questo che detesto le città. In genere viaggio con il sole proseguendo per le zone meno battute che costeggiano fiumi o tratti di boscaglia. Mi aiuta a pensare e a non dover intrattenere conversazioni inutili con persone inutili. Ormai sono in viaggio da diversi anni, il mio periodo di addestramento si è concluso da molte lune ormai , e gli anziani del clan vogliono che si vada a vedere il mondo questo è quanto. Khan’Ha’Gorn va a vedere il mondo perché la tribù non è posto per lei, lo sciamano stesso ha rischiato la vita per la sua negligenza ed ora Khan’Ha’Gorn deve pagare con l’esilio, ma gli anziani del clan dicono che è bene vedere il mondo. Nei clan alle pendici dei monti dei nani ti insegnano a combattere, a sopravvivere, a schiacciare chi è tanto stupido da affrontare i guerrieri del clan, ma non ti insegnano come controllare la rabbia, la coltivano anzi, affinché essa diventi un’arma. Ma le armi troppo affilate sono infide e, quando i tempi sono maturi gli anziani scelgono: chi va e chi resta. E io avrei dovuto rimanere, ed essere una dei guerrieri al seguito del sommo sciamano, colui che conosce il mondo senza averlo visto e colui che ha il favore di tutti gli dei. Ma gli dei si sono voluti far beffe di Khan’Ha’Gorn, figlia del mezzorco Kert’e’Maks, poiché dapprima l’hanno creata donna e poi l’anno fatta impazzire strappandole la ragione e facendo cadere nel disonore mio padre. Lui aveva tanti figli quante sono le stelle nei cieli estivi, tutti forti ed in salute, ma la schiava che giunse da ovest conosceva strani sortilegi, mischiava le erbe ed annebbiava le menti con esse. Quella donna mi diede alla luce anzi mi diede alle ombre nascondendomi agli sguardi degli anziani. Ogni attenzione era rivolta ai miei fratelli, mentre gli sguardi diventavano vacui quando si posavano su di me, i guerrieri strizzavano gli occhi quando volgevano l’attenzione su Khan’Ha’Gorn. Non vedevano quello che ero e stranamente non si curavano del fatto che tra le loro giovani reclute militava una bambina. La schiava si curò di noi solo nei primi anni di vita e si prodigava nel farmi assomigliare sempre di più ai miei coetanei. Diceva che sarei stata la sua rivalsa ,ma io non capivo cosa intendesse. L’idea di mia madre durò anni, finché lei non morì portandosi via la sua rete di inganni e così il giorno della cerimonia che avrebbe investito i migliori tra i guerrieri, le nebbie si dissiparono e gli altri videro che qualcosa non andava. Ma si sa che l’orgoglio rende ancora più ciechi e nessuno volle ammettere ciò che era ormai evidente e così, affrontai l’ultima prova della cerimonia tra gli sguardi increduli e il serpeggiante disappunto dei clan. E fu lì che udii per la prima volta le voci, i bisbigli, gli sguardi carichi d’odio e di derisione e la vergogna negli occhi di mio padre che urlava al di sopra di tutte le altre voci. Mia madre aveva ingannano tutti , mi aveva resa uno strumento di vendetta di una sudicia schiava la vista mi si annebbiò e diedi sfogo a tutta la frustrazione che quelle voci facevano ribollire nelle mie vene. Fu un massacro. Colpivo i miei fratelli, gli adepti dello sciamano e lo sciamano stesso, ma non mi importava: dovevo far smettere quei bisbigli, quelle parole senza senso che rotolavano nella mia testa e non mi facevano ragionare. Occorsero molte persone per fermarmi e quando ripresi a ragionare lucidamente capii che l’intera tribù voleva ricacciarmi nelle nebbie da cui ero venuta, dimenticando l’errore. Gli sguardi tornarono vacui ed io tornai ad essere un’ombra tra i guerrieri del clan alle pendici dei monti dei nani. Kert’e’Maks non mi volle riconoscere come figlia, diceva di non sapere chi fossi e come lui gli anziani vollero dimenticarsi di Khan’Ha’Gorn la figlia della schiava maledetta. Sono passati molti anni da allora eppure ancora quei bisbigli mi tormentano, le notti sento ridere mia madre davanti alla furia del possente mezz’orco ,e non passa giorno che io non chieda perdono agli dei per essere ciò che sono: un abominio frutto delle aspettative di due menti deviate e cariche di desiderio di sangue e vendetta. Gli otto hanno messo sul mio cammino diverse prove, ed io cerco di obbedire al loro volere pregandoli affinché mi restituiscano la ragione e facciano placare la rabbia che combatte al mio posto con l’odio che fu di mia madre e la furia di mio padre.

Orrusk Horthor: Mezzorco - Barbaro 1/Stregone 4 - N
Orrusk è nato a Hillmound e cresciuto in uno dei vicini accampamenti "nursery" assieme alla sua gemella (più grande) Ilyat. I genitori, Felzak e Durra, sono stati validi soldati (barbari), finché durante la tarda infanzia dei gemelli, il padre è ritornato mutilato e incapace di combattere da una missione, e quindi costretto a ricoprire incarichi marginali all'interno della città, accudito dalla moglie. Depresso per l'umiliazione della nuova condizione e dai sensi di colpa per le insistenti voci circa la propria responsabilità nel fallimento della missione (avrebbe messo la sicurezza della moglie prima del completamento della missione, portando allo sterminio del resto della squadra), si toglie la vita. Durra, devastata da questi eventi, viene valutata incapace a combattere e destinata permanentemente alle mansioni "civili" a Hillmound. La tragedia di Felzak influenza pesantemente la reputazione della famiglia, originariamente considerata decisamente rispettabile. In seguito alla mutilazione, e alle nuove umili mansioni, l'atteggiamento della società verso la famiglia è un misto di sdegno, pietà e tabù. Le voci sulla responsabilità della coppia nel disastroso fallimento della missione, rafforzate dal suicidio di Felzak, finiscono per discreditare completamente l'onore della famiglia, disprezzata da conoscenti e non, ed evitata dagli amici di un tempo. L'infanzia dei gemelli, già improntata prevalentemente alla preparazione al combattimento e alla vita militare, inizialmente non è più difficile di quella di qualsiasi altro giovane di Hillmound. Tutto ciò cambia quando, a seguito della tragedia del padre, i due gemelli diventano l'oggetto delle attenzioni di qualsiasi forma di disprezzo e bullismo. Pesantemente perseguitati i due gemelli sviluppano un ancor più intenso legame, improntando la loro crescita nel segno della persecuzione, del distacco dagli altri e del tentativo di riscattare la propria reputazione distinguendosi con le proprie capacità: passano infatti quasi tutto il poco tempo libero a loro disposizione allenandosi intensamente da soli e in disparte. Ilyat in particolare sembra beneficiare in modo particolare degli sforzi intensi, distinguendosi sempre più spesso in prove di forza, abilità e combattimento, riuscendo in particolare ad essere tra i primi della propria età a riuscire a incanalare la propria rabbia in combattimento. Al contrario, Orrusk, da sempre più gracile rispetto alla sorella, per quanto dedicato al pari di Ilyat al miglioramento delle proprie capacità, non sembra essere fisicamente alla pari con la sorella o i coetanei, sviluppando un forte senso di inferiorità rispetto alla sorella e costantemente attanagliato da dubbi sulle proprie capacità. Di conseguenza, se possibile, la condizione sociale dei due fratelli peggiora ulteriormente, aggiungendosi alla cattiva reputazione della famiglia, l'invidia nei confronti di Ilyat che con le propria abilità scredita anche alcuni dei ragazzi più grandi, e il disprezzo nei confronti di Orrusk e delle sue prestazioni deludenti. La vita dei due fratelli non cambia particolarmente sino quasi alla soglia della maturità: le capacità in combattimento di Orrusk continuano a dimostrarsi mediocri e in particolare, probabilmente a causa della scarsa sicurezza e del proprio complesso di inferiorità, sembra essere totalmente incapace di controllare la propria rabbia per incanalarla in combattimento; per Ilyat, invece, nonostante abbia ampiamente dimostrato di essere particolarmente versata nel combattimento e con capacità decisamente superiori alla media, tarda ad arrivare, rispetto a molti dei suoi coetanei anche evidentemente meno capaci di lei, il momento di essere arruolata nei ranghi regolari dell'esercito, per via del disprezzo generale nei suoi confronti anche da parte di molti istruttori disturbati dalla "arroganza" dimostrata nelle prove dalla ragazza. Raggiunta la maggiore età, ultimi ad essere selezionati, vengono assegnati a reparti diversi: Orrusk in un reparto di fanteria semplice, per completare l'addestramento come carne per la prima linea o per i compiti più gravosi o umili dei reparti di supporto; Ilyat, nonostante la pessima condizione sociale, viene invece notata da un ufficiale che rimane colpito dalle sue capacità e ne scorge il potenziale, assegnandola all'addestramento in un reparto di forze scelte. Quella sera alcuni suoi ex-compagni, disturbati dal fatto che una ragazza di così infima condizione sociale fosse stata assegnata "a loro discapito" a un reparto così prestigioso, assalirono Ilyat mentre si dirigeva ai suoi nuovi alloggi. La giovane, disarmata e colta alla sprovvista, nonostante una strenua resistenza e dopo aver incapacitato diversi aggressori, viene definitivamente sopraffatta e costretta inerme a subire calci e colpi con bastoni e altre armi di fortuna. La furia di uno dei leader degli aggressori in particolare (uno dei coetanei di Ilyat che non era riuscito ad essere assegnato al reparto di forze scelte), ulteriormente montata dalla violenza della resistenza opposta sino all'ultimo da Ilyat, non sembra esaurirsi neanche quando la ragazza giace a terra evidentemente in fin di vita e molti degli aggressori si sono ritirati. Orrusk, giungendo sul posto come guidato da un sesto senso, alla vista della sorella quasi esanime e dei suoi assalitori, è preda di una furia incontenibile, al di là di qualsiasi emozione avesse mai sperimentato nei lunghi anni in cui cercava di scatenare e controllare la propria rabbia in combattimento. In poche, velocissime mosse, disarma e incapacità i più vicini tra gli assalitori, e in un crescendo di folle ira, ormai esausto e privo di qualsiasi freno inibitore, scopre per la prima volta dentro di se una forza aliena e insospettata, che erutta letteralmente come fiamme dalle sue mani, avvampando gli aggressori superstiti e il loro leader, ardendo quest'ultimo fino alla morte. Quando, diversi giorni dopo, Orrusk si ridestò, venne a sapere che la sorella non era sopravvissuta alle percosse e alle fiamme, e che lui stesso era stato fin troppo vicino alla morte. A seguito delle indagini sull'accaduto, Orrusk fu assolto dall'accusa di omicidio per via delle attenuanti e dell'intercessione di un anziano ufficiale stregone (Yahg) che ottenne di riassegnarlo al suo comando per addestrarlo a controllare i suoi appena scoperti poteri per metterli al servizio delle armate di Hillmound. Il suo nuovo mentore si dimostrò ancora più duro e severo degli istruttori degli anni giovanili, non più a causa della condizione sociale della sua famiglia, ma ricordandogli ogni giorno che la sua incapacità di controllare i suoi poteri era un pericolo costante più per i suoi cari/amici/alleati che per i suoi nemici, e che sua sorella in primis ne aveva pagato il prezzo. I tragici eventi della sera del risveglio e le voci su quello che era stato in grado di fare mutarono radicalmente la condizione di Orrusk: immediatamente l'usuale disprezzo venne rimpiazzato da un assolutamente rispettoso timore. Quindi, negli anni dell'addestramento da stregone, trovata la sua vera strada, Orrusk riuscì finalmente ad eccellere e a meritare anche dal suo mentore il rispetto agognato sin dall'infanzia, e a distinguersi sempre di più quando iniziò a prendere parte a missioni sempre più complesse riuscendo quasi sempre a svolgere un ruolo decisivo nel raggiungere ed eccedere nel migliore dei modi gli obiettivi prefissati. Pur non provando colpa per l'omicidio dell'aggressore della sorella, Orrusk evita sempre di parlare in dettaglio degli eventi di quella fatidica notte, senza però mai negare niente della sua condotta nella vicenda se interrogato sulla questione. La sua insicurezza caratteriale resta ancora presente: nonostante i risultati conseguiti il rispetto ottenuto, non è mai abbastanza. Non può non vedere anche nelle sue vittorie personali tanti piccoli difetti e fallimenti, e rimugina costantemente su cosa sarebbe potuto andar meglio se fosse stato più forte, intelligente, veloce o potente. Confinato nel corpo e nella mente che gli sono toccati in sorte, corroso dall'atroce dubbio che se si fosse controllato sua sorella avrebbe potuto avere qualche possibilità di salvarsi, spesso sente che non può che essere destinato al fallimento.

Samael: Mezzorco - Barbaro 2/Guerriero 3 - N
L’umano legato saldamente all’albero guardava il mezz’orco con un misto tra stupore, odio e paura. L’umanoide era straordinariamente alto, persino per uno della sua razza. Le sopracciglia cespugliose incorniciavano gli occhi allungati e si incontravano come sentinelle sfinite dopo una notte di guardia sopra al naso incredibilmente gentile per appartenere ad un mezzo sangue d’orco. “Lasciami andare. Non c’entro nulla con loro. Sono entrato nel gruppo solo due o tre lune fa. Non sapevo neanche che facciano cose di quel genere” “Facessero” “Come?” “Facessero, non facciano.” “Come vuoi tu. Non capisco.” “Lascia stare. Vedi, l’incredibile è che se ora ci vedesse un osservatore estraneo penserebbe che io sono la bestia. Vedendo un umano legato all’albero da un mezz’orco subito penserebbe che io sono il brigante e tu il povero sventurato di turno. E’ una questione di foglie che cadono.” L’uomo lo guardò senza capire. “Lascia perdere. E’ difficile spiegarlo ad uno come te.“ Forse intravedendo una possibilità di cavarsela da quella situazione o perlomeno guadagnare tempo, l’umano incalzò: “Aspetta! Mi interessa! Cosa significa la storia delle foglie cadute?” Il mezz’orco lo guardò con sospetto. Poi pensieroso. “E’ una storia lunga da raccontare.” “Ho tutto il tempo che vuoi.” Gli occhi lunghi del mezz’orco diventarono fessure. Poi improvvisamente un sorriso apparve al di sotto della folta barba. “Perché no? E’ una storia che mi piace raccontare. Vedi, molti mezz’orchi nascono tra gli orchi e vengono cresciuti tra di loro. Altri invece tra gli umani. In ogni caso sono considerati reietti. Gli orchi ci considerano deboli e inutili. Gli umani bestiali e pericolosi. Io ho avuto la sfortuna di aver vissuto con entrambe le razze. Mio padre, o quello che ho sempre considerato mio padre, mi ha trovato in una pozza piena di letame di maiale e sangue, in un accampamento di orchi. Mi ha raccontato che gli orchi si erano appostati vicini alla nostra città forse per tendere agguati ai viandanti o forse per altro. Poco importava alle guardie della città e ai suoi abitanti. Hanno formato in breve una cospicua compagnia di militari e l’hanno messo a ferro e fuoco, uccidendo tutti gli orchi. E mio padre, capo delle guardie della città, mi ha trovato là. Messo in questa buca forse per essere fonte di divertimento per i combattenti orcheschi. Ero talmente piccolo che non ricordo nemmeno quel che è successo. A malapena ricordo la voce e il volto di mia madre. Sono quasi certo che fosse lei l’umana però. Forse una puttana ben pagata da qualche orco con voglie “strane”. O forse una donna incontrata, rapita e violentata e poi tenuta come divertimento per gli orchi. Chissà? Chi può dirlo? So solo che il sangue in cui ero immerso era il suo. Questo lo ricordo con certezza. L’hanno sventrata sotto i miei occhi e poi mi hanno messo in quella pozza, con la merda che mi arrivava fino al collo. Lei era appesa sopra la mia testa, legata ad un ramo. Il suo sangue mi colava sulla testa e sulle spalle. Piangevo. E questo irritava ancor di più gli orchi che mi consideravano più umano che orco per la mia debolezza. Shaga! Femminuccia! Gridavano. Forse volevano con quel rito farmi perdere l’umanità. Mio padre mi ha trovato così. Nathaniel Grid, umano rispettato e amato nella sua città, mi ha preso tra le braccia e mi ha tolto da quella fossa. E mi ha allevato come se fossi figlio suo. Lui e sua moglie. Ma tutti, lui, sua moglie, i miei “fratelli” umani, sapevano che nel mio sangue scorreva la pazzia degli orchi. E la temevano. Non sapevano il mio nome. Non lo ricordavo nemmeno io. Così mi chiamarono Samael, che significa “figlio della battaglia”. E’ questo il problema di noi mezz’orchi. Ci vedono come tali. A nessuno viene in mente che ci si possa stancare di essere considerati come bestie. Che finiamo spesso per diventare spietate macchine da guerra perché così ci allevano. Talvolta con la violenza, talvolta con l’indifferenza, talvolta semplicemente con … la nostra stessa non accettazione di quel che siamo…” “Non ho capito molto bene. “Il mezz’orco guardò l’umano, le sopracciglia corrugate, le labbra serrate in un piccolo morso di concentrazione e gli venne da sorridere. “Non fa niente. Anche io non capisco tante cose. Ma non è detto che tutto si debba capire. Certe volte ci si può accontentare di vivere come si può. Come i frutti di salice che roteano al vento, divertiti e senza pensieri e non sanno che il vento li conduce là dove assolveranno al loro compito primario, quello di dar nuova vita. Ed il vento stesso conduce loro senza esserne conscio ma solo perché a lui sta bene così.“ “Anche questo non ho capito.” Stavolta Samael si sforzò di rendere il concetto più chiaro, consapevole del fatto che il sempliciotto mai lo avrebbe compreso appieno, ma felice di poterlo spiegare a qualcuno. “Vedi la foglia sotto i tuoi piedi? E’ caduta da quella piccola pianta. Pensi che la pianta sapesse che l’avrebbe persa prima o poi? Che in tutta la linfa che gli ha fatto arrivare abbia messo tanto di quell’amore incondizionato, allo scopo di vederla aprirsi e brillare di verde al sole, solo per poi vederla scurire e cadere? E pensi che la foglia si sia distaccata dalla pianta per il puro gusto di farlo oppure semplicemente perché il suo picciolo ha ceduto, non è stato più in grado di sostenere il suo stesso peso? E pensi che entrambi si sarebbero vissuti così intensamente se avessero saputo che il loro destino sarebbe stato quello di separarsi bruscamente, in un giorno, in una ora, in un momento particolare?“ Lasciò del tempo all’uomo per riflettere sulla questione. “Eppure è così che vanno le cose. Le foglie appassiscono. Le piante ne fanno altre. La foglia punta alla Terra, vive per giungere ad essa. La pianta al Cielo. E’ la loro natura e per tutto il mondo è così che le cose devono andare. Eppure per la pianta e la foglia, non è stato così per un intero lungo anno. Ed hanno vissuto insieme senza pensare a ciò che sarebbe stato, perché avrebbero rovinato la loro unione. Se la pianta avesse smesso di donare la sua linfa alla foglia, lei sarebbe appassita e caduta prima. Se la foglia non avesse restituito il sole alla pianta, sarebbe stato lei stesso a morire. Il credere in entrambi ha fatto sì che entrambi vivessero. Loro questo non possono capirlo, ma io e te sì. Ma non è affatto importante per loro capirlo. L’importante è viverlo. Capisci ora?“ L’ultima domanda la pronunciò senza convinzione ma l’uomo lo stupì. “Vuoi dire che non è importante sempre capire le cose, che qualche volta è più importante andare avanti e non porsi domande troppo difficili, come succede spesso a me. Ci sono delle volte che ho paura di capire. Perché quelli che capiscono, quelli che sanno mi sembrano tristi e forse lo sono perché hanno capito. Ed allora vorrei non capire mai, perché io non voglio essere triste.“ Il mezz’orco lo guardo sorpreso. “Pregiudizi. Ci casco anche io. Ti facevo uno stupido, ma non lo sei. Sei solo ignorante.” L’uomo lo guardò ferito. “Mi spiace. Non volevo dirlo per offenderti. E’ una constatazione. E non è colpa tua. Non hai studiato. Mio padre mi ha dato una istruzione invece. Ha pensato che tenendomi lontano dalla mia stessa natura, rendendomi più umano degli umani, gli altri non vedessero quello che aveva scorto lui stesso in me. La mia natura orchesca. La mia sete di sangue. Il mio demone silenzioso. Ma un giorno anche lui ho dovuto fare i conti con la realtà. Quando mi ha trovato con le mani insanguinate. Sangue umano. Un ubriacone che aveva fatto del male ad una ragazza innocente, dagli occhi dolci. Era una mia amica. Forse l’unica che avevo. L’aveva trovata che lavava i panni in riva al fiume. Sola. Tanto basta a certi umani, che pur non sono chiamate bestie come fanno con noi mezz’orchi, a far uscire il loro di demone solitario. Basta loro una bella ragazza sola. Una semplice opportunità. L’aveva inchiodata al suolo e violentato con forza. Era il primo uomo che aveva avuto. E anche l’ultimo. L’aveva sbattuta con tale forza che forse aveva picchiato la testa ad un certo punto. Sai la cosa buffa? Non si era nemmeno reso conto di averla uccisa. Quando l’ha capito, è venuto per l’eccitazione.” “Come fai a saperlo?” “Non sai quante cose è disposto a raccontarti un uomo quando lo intrappoli, lo leghi e sa che la sua vita dipende da te. Tu sei il primo che invece che parlare, ascolta.“ “Sapevo che era stato lui. Lo sapevo. L’avevo capito subito che era pericoloso, fin da quando avevo visto come le ronzava attorno nella locanda in cui lavorava. Quando ho scoperto quello che le era accaduto, il mio demone silenzioso ha iniziato a parlare. Ad urlare. L’ho seguito una sera fino alla sua abitazione. L’ho stordito, legato al suo stesso tavolaccio di legno e gli ho fatto sputare tutta la verità tenendogli un coltello sul collo. Sapevo che era stato lui. Ma dovevo averne la sicurezza. Dopo l’ho ucciso. E vuoi sapere la verità? Ero felice. Non solo per aver vendicato la mia amica ma perché ho sentito che nello strappare una vita mi riconciliavo con il mio sangue di orco. E il mio demone è tornato finalmente silenzioso.“ L’uomo lo guardava inorridito. Davanti a sé non aveva solo un guerriero. Aveva un orco assetato di sangue. “Sono tornato a casa quella notte, senza nemmeno esseri reso conto di essere cosparso di sangue. Mio padre mi ha trovato così. Mi ha pulito in silenzio, senza chiedermi nulla. In seguito mi ha coperto. Nessuno ha trovato più il corpo dell’uomo. Buffo: ancora adesso non so dove mio padre l’abbia nascosto. Dopo ha tentato di insegnarmi il suo codice d’onore. Mi continuava a ripetere che ero una creatura dotata di intelligenza e bontà. Che non dovevo cedere al richiamo del sangue. Che potevo essere più umano degli umani. E per un po’ mi aveva convinto fosse vero. Forse è l’unico che ha compreso fino in fondo chi io fossi. Non mi ha tenuto lontano dalle mie origini. Mi ha insegnato comunque ad uccidere, capendo che solo in battaglia riesco a mettere a tacere il mio demone silenzioso, ma mi ha insegnato a farlo solo con coloro che se lo meritano o in battaglia per difesa. Se mai ho amato qualcuno, è lui. Mi ha tenuto lontano dalla mia parte più oscura. Dal mio demone.” “Se è così non puoi uccidermi. Io non sono colpevole di ciò che è successo. Quando hanno assaltato il carro, il mio compito era solo quello di scassinare il forziere che stavano trasportando.” “Vedi, amico mio, nel tempo ho esteso il mio concetto di colpevolezza. Hai partecipato anche tu. Hai visto uccidere quella persona ed hai approfittato della sua morte. Sei colpevole come gli altri. Avete aggredito le cinque guardie in ventidue persone. Di voi ne ho trovati ed uccisi venti. Sei rimasto tu e il capo della Compagnia della Torcia. Nessuno mi ha detto il suo nome. Vi fa così paura che persino di fronte alla morte non lo avete tradito. Rimani tu. Dimmi il suo nome ed avrò pietà.” “Non ha un nome. Si fa chiamare Rospo. Ha la mia stessa corporatura ma ha un occhio guercio. Porta sempre una benda ed è leggermente zoppo. E’ un ottimo arciere. E’ scomparso dopo il colpo con tutto il bottino. Non ci aveva detto che si trattavano di guardie della città. Abbiamo lasciato viva la duchessa e il piccolo conte. Abbiamo raccontato alle guardie tutto quel che sapevamo. Poiché avevamo lasciato in vita la duchessa e il conte ci hanno risparmiato. Lavori forzati per cinque anni. Io anche meno. Nessuno sapeva di me, ero il gancio dei bassifondi e mi ero sempre sforzato di rimanere in ombra. Avevo contatti più con lui, il Rospo. Mi sono presentato di mia volontà alla milizia del Duca e per questo mi hanno dato solo un anno di lavori forzati. Poi ho iniziato a scoprire della morte di tutti i miei compagni. Uno dopo l’altro. Mi sono preoccupato e per questo stavo fuggendo. E sei arrivato tu, dannato!” Samael lo guardò con evidente soddisfazione. “Sai cosa altro ho ereditato dalla razza orchesca? Un ottimo olfatto. Sento una menzogna a distanza di dieci passi. Stai mentendo. Tu sai il suo nome. “ “Lo giuro, no! Non lo diceva a nessuno, nemmeno a me!” “Non dico te l’abbia detto. Tu lo sai.” “E come farei a saperlo, se non me l’ha detto?” “Ho trovato questi nella tua borsa.” Improvvisamente nella mano del mezz’orco apparvero degli oggetti che lanciò per terra, ai piedi dell’umano. Una benda nera, una parrucca, dei trucchi per il camuffamento. “Hai ingannato tutti. Anche me. Da quanto meditavi il colpo? Hai creato la compagnia della Torcia fingendoti orbo e zoppo. Hai messo insieme dei disperati, a cui è bastata l’idea di un gruzzoletto per imbarcarsi in un colpo più grande di loro. Perché volevi che fossero arrestati e parlassero del loro capo. Il Rospo, un guercio dalla mira eccellente. La duchessa e il conte viaggiavano verso la tenuta estiva sempre in due, con il piccolo forziere dei gioielli e con poche guardie. Non si sentivano in pericolo. Qui sono amati da tutti. O temuti. Non mi è ancora chiaro. Bastava un agguato rapido e l’uomo giusto per il forziere. Hai detto loro di averlo trovato. Ma eri sempre tu. Ti hanno visto, senza trucco, così come ti vedo ora io stesso, poche volte. Non tutti. Ma sapevano di te perché ne parlava il capo. Non hanno nemmeno capito che il loro nome alle guardie lo hai fatto tu. E che per questo a te è toccato un solo anno di lavori forzati. Sei stato furbo, te lo concedo. Hai fatto solo un errore.” “Quale?” “Avete ucciso una guardia. L’unica che ha opposto resistenza. L’unica che non sapeva dell’agguato. Perché le altre invece erano complici. Per tua informazione, ho ucciso anche loro.” “Il mio errore è di aver ucciso una guardia? “ “No. Il tuo errore è di aver ucciso mio padre. “ Uno sguardo allarmato apparve sul volto dell’umano. “Non l’ho ucciso io. E’ stato Rengald! L’avrei scoperto se lo hai chiesto agli altri.” “Lo so. Ho già pensato a lui. A tutti gli altri ho concesso una morte rapida. A lui no.” “Ed io? Cosa vuoi fare?” Lo sguardo di terrore dell’umano divenne ancora più evidente. Samael in fretta gli infilò un fazzoletto in bocca per impedirgli di gridare. “ Il mio demone sta urlando da mesi, per colpa tua e del tuo piano. Non ha smesso di urlare neppure dopo aver ucciso tutti gli altri. Cosa voglio fare con te? Voglio divertirmi. Voglio che le tue grida coprano le sue.” Samael estrasse dalla cintura il lungo coltello da macello. Il demone urlava ancora nelle sue orecchie. Un lungo latrato di rabbia, odio e tristezza. Ma presto lo avrebbe messo a tacere. Almeno per un po’.
Ciao
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