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[Backstage] Ambientazioni e campanilismo

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[Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Luskark » lun set 11, 2017 8:10 pm

Questo topic potrebbe divenire in futuro un articolo ma le mie idee in merito non sono ancora abbastanza chiare da ricavarne probabilità tali da poterlo sostenere come una sorta di piccola tesi personale.

La questione mi tornò alla mente quando, su consiglio di un amico, ho cominciato la lettura di un libro legato a Warhammer 40k. La descrizione del protagonista, tale Loken, esempio di umanità perfetta (modificata geneticamente per esserlo) in quanto space marine, è un'immagine di bellezza sublimata secondo il parere della fanciulla che lo incontra.
L'aspetto che però mi ha colpito è stato il fatto che questa descrizione di umanità maschile perfetta passasse per la presenza delle lentiggini e qualche riferimento ad un volto dai tratti equini.
Un principe Carlo abbellito! Eddie Redmayne e il suo viso lentigginoso sono considerati fascinosi dal popolo anglosassone, ma difficilmente il giudizio è eguale presso il resto del mondo. E, si guardi caso, Warhammer 40K è di produzione inglese e Dan Abnett stesso (l'autore) è inglese.
Probabilmente egli non se ne è reso personalmente conto, ma il dubbio è che la sua concezione di bellezza passi per una serie di ovvietà che valgono solo per il contesto in cui è nato. Curiosamente così, quando parla di un'impero che ha colonizzato interi sistemi stellari, finisce per applicarvi le caratteristiche del suo paese, estese ad una galassia intera peculiarmente british.

Quanto influiscono queste forme di campanilismo sull'autore che crea un'ambientazione?

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L'uomo più bello d'Inghilterra, ma solo secondo coloro che ci abitano...

Campanilismo di nascita
Il campanilismo con cui si è iniziata la descrizione potrebbe essere identificato come un campanilismo di nascita. L'autore finisce per ragionare comunque sul suo contesto patrio ed applicarlo a tutto il mondo che sta costruendo.
Può quindi divenire una grande patria estesa che può o meno avere dei confinanti in sé stereotipati e che passano per la percezione che il suo popolo ha per i suoi vicini.

Il meccanismo si rintraccia in autori estremamente differenti tra loro. Difficile infatti non notare come un sottotesto giapponese permanga in tutto il mondo di One Piece. Quando i personaggi si dirigono nell'isola del cielo di Skypiea, governata dagli dei e costruita tra le nuvole, ci sono chiari richiami ai popoli precolombiani, ma il dio dei fulmini Ener si trova ad avere dei grandi tamburi sulle spalle assai più prossimi alla mentalità nipponica che agli assetti maya-aztechi che l'autore cercava di evocare.

Ma se si vuole un ottimo esempio è sufficiente dirigersi nel mondo Marvel. L'impressione è che lo stesso valga per il mondo DC (con talune differenze) ma, conoscendolo meno, preferisco riferirmi al primo.
Nell'universo Marvel quasi tutto passa per New York, che da metropoli considerevole diviene la capitale mondiale della Terra. Gli Stati Uniti sono estesi il più possibile (potrebbero tranquillamente occupare un quarto del mappamondo) e tutti gli altri paesi del mondo sono trattati di conseguenza per i rapporto che hanno intessuto attraverso i decenni. Da una vaga e misteriosa Europa dell'Est latveriana e transylvana fino alla Russia e Cina prese come residui della Guerra Fredda. Un Canada di foreste serve solo come patria di Wolverine, il Giappone passa per le passioni di Frank Miller e per il tentativo di proporre i fumetti supereroistici al pubblico giapponese (effettuato con scarso successo).
Non appena si fuoriesce dalla Terra gli alieni vivono secondo due varianti prevalenti:
- i nightclub texani alla Kill Bill volume 2 (con tanto di pistoleri) per ricreare una periferia statunitense che si trasforma in periferia galattica
- gli arcaici (per quanto tecnologici), presi da John Carter di Marte, in cui l'arena conta ancor più del fatto che ci sia una città attorno, lo schiavismo è il maggior commercio, gli imperatori sono considerati falsamente dei e la malvagità imposta con la forza tiranneggia ovunque...

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Campanilismo di lettura
La formula è la stessa, con una differenza focale. L'autore non cerca di ricostruire luoghi lontani finendo comunque per permearli con i luoghi che lo circondano. Il circondario non interessa, esiste qualcos'altro che ha colpito la sua immaginazione, e quella diviene la nuova chiave di lettura su cui il tutto si struttura.
L'esempio che mi piacerebbe portare è Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco, noto al pubblico prima per i romanzi e poi per il successo della serie televisiva A Game of Thrones (Il trono di spade). Il continente occidentale Westeros, in cui hanno luogo la maggior parte delle vicende, potrebbe sembrare una sorta di Europa medievale ma, se la si osserva meglio, e in questo basta anche solo la mappa, non è che un Regno Unito particolarmente ampio.
Non vi sono caratteristiche dell'Italia, della Francia o della Spagna, e tantomeno della Germania. Solo una grande britannia ispirata, non a caso, alle letture da cui Martin prende spunto, ossia le cronache che vanno dalla formazione dei regni scozzesi fino alla Guerra delle Due Rose. Gli stessi scritti in cui Shakespeare trovava Lord Macbeth, per intenderci.
Saltata tutta l'Europa continentale in mezzo si trovano direttamente ai confini coi popoli barbari, che però non sono i possenti saracini della letteratura cavalleresca, ma un continente orientale misto e che con l'Oriente c'entra poco, tra selvaggi tartari e schiavisti ispirati ai cartelli della droga latino-americani, ma forse un po' tutti troppo stereotipati per non essere solo un popolo selvaggio di confronto, tanto che la considerazione per loro non è superiore a quella che Conan provava per gli abitanti delle varie città esotiche e molli del deserto.

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Un Continente Occidentale o una Gran Bretagna ancor più grande?

Prima di passare allo schema successivo vorrei citare due esempi che per motivi opposti mi paiono sfuggire alle varie forme di campanilismo.
La prima è la Galassia di Guerre Stellari dei primi film rilasciati al cinema. Un deserto di cercatori d'acqua e di signori del crimine, un impero malvagio, i cavalieri antichi, un mondo di ghiaccio, una palude, una foresta abitata da orsetti.
Gli influssi ricevuti da George Lucas sono molteplici, a partire da La fortezza nascosta di Kurosawa. La guerra fredda si percepisce. Eppure mi sembra che il racconto potrebbe spostarsi ovunque senza subire eccessive variazioni ed è forse la ragione per cui ancora oggi viene sfruttato a piene mani da altri autori...
Si noti bene che al tempo l'ambientazione era così vaga che il pianeta principale dell'Impero si chiamava Capitale Imperiale. Quando la Marvel ci mise le mani sopra negli anni '70 non sapeva neanche come funzionassero le cose minimali, tanto che sembra che il solo commercio galattico sia la spezia solo perché Han Solo ne perse un cargo.
La mancanza di ambientazione forse evita i campanilismi evidenti.

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Difficile fare i campanilisti quando i tuoi mondi sono solo ghiaccio e neve.

Il secondo esempio è Tolkien rispetto alla costruzione di Arda. Tolkien era un noto esperto di letteratura nordica (scrisse una sua variante de I Nibelunghi) ma ne conosceva molte altre. Il risultato è un suo mondo, diverso da ciò che era stato conosciuto prima di esso. Tuttavia ciò ci porta all'ultima forma.

Campanilismo di genere
Molti autori leggendo Tolkien si sentono giustificati a ricreare la loro Terra di Mezzo sulle basi tolkieniane. Lo chiamerei campanilismo di genere perché è il genere a giustificare il campanilismo. E credo che questo sia evidente in molte serie, da Shannara ad Eragon. Lo stesso D&D lo fa.
Essendo Fantasy ha il diritto di muoversi sulle orme del fondatore.
E questo diventa il campanile cui guardare per costruirvi attorno la propria ambientazione.
Per coloro che non frequentano il genere è "l'ennesima storia con nani, elfi, draghi e un signore del male".
Per coloro che lo seguono questo non è un problema: è fantasy. Sarebbe come lamentarsi del fatto che nel western ci siano indiani, cowboy, sceriffi e banditi.
Ma fino a che punto questo giustifica ambientazioni che rischiano di divenire troppo simili allo schema originario?

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Se aggiungo un pezzettino di qui, una montagna di là potrebbe diventare... la Costa della Spada?

Che ne pensate? Lo schema vi convince?
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Kalvalastir » mar set 12, 2017 9:43 am

Sono riflessioni molto interessanti! Solo che non lo chiamerei "campanilismo", quanto piuttosto inevitabili influenze e stereotipi culturali.

Gli autori bravi le influenze culturali riescono a renderle proprie ed usarle come carburante per costruire qualcosa di nuovo ed originale. Gli autori mediocri usano gli stereotipi culturali semplicemente per far sentire "a casa" il proprio lettore, o per semplificarsi la vita quando si tratta di descrivere.

Nelle ambientazioni di D&D è comodo usare gli stereotipi: meno devi spiegare e più puoi giocare, l'impressione di vivere un mondo "vivo" sarà più forte e con meno sforzo. Tutto sommato la trovo una cosa comoda, serve allo scopo.
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Luskark » mar set 12, 2017 12:02 pm

Kalvalastir ha scritto:Sono riflessioni molto interessanti! Solo che non lo chiamerei "campanilismo", quanto piuttosto inevitabili influenze e stereotipi culturali.

Gli autori bravi le influenze culturali riescono a renderle proprie ed usarle come carburante per costruire qualcosa di nuovo ed originale. Gli autori mediocri usano gli stereotipi culturali semplicemente per far sentire "a casa" il proprio lettore, o per semplificarsi la vita quando si tratta di descrivere.

Sicuramente concorde, ma nel mio calderone di campanilisti (termine provvisorio fino a nuova categoria altrettanto efficace) finiscono autori sia bravi sia mediocri.
Il punto interessante che voglio rilevare è quanto facilmente identificabile sia la base su cui molti autori finiscono per costruire un mondo intero (o una galassia) indipendentemente da quanto provino a renderlo vario e a coprire tutti gli assetti possibili.
Martin a mio parere è ottimo autore ma mette schiavisti e barbari a cavallo quasi più per necessità di completezza che per analizzarli di per loro. Mentre il continente principale rimane una grande Bretagna.
Credo che chiunque tra noi abbia apprezzato le suggestioni che derivano dal mondo di Berserk (almeno fino a qualche volume fa). Eppure anche qui il mondo è strutturato su qualche concezione cinematografica di Medioevo sporco (un po' alla "Il nome della rosa" in versione cinematografica) con l'aggiunta di qualche mostro nagaiano e di un vago impero Kushan (esteticamente moghul e saracini di ruolo) a tal punto semplificato da avere ben pochi personaggi che contassero qualcosa.

Solo un assetto di consapevolezza rispetto a come molte ambientazioni vengono costruite, per trarne lezioni interessanti.
O per seguirle nella ricerca di un proprio fondamento, sia esso casa propria o sia esso assai lontano (ma possibilmente ben approfondito), o per provare a vedere se sia possibile andare oltre e fare qualcos'altro ancora.

Non a caso ho inserito dunque due formule per sfuggire al campanilismo.
La formula Star Wars (solo IV-V-VI) con l'ambientazione così vaga da non dipendere da nulla perché universalizzabile.
La formula Tolkien, che al posto di appoggiarsi su una base principale chiara ne utilizzava così tante e le rielaborava a tal punto da esser riuscito a creare qualcosa di nuovo. Sono chiari i nibelunghi ma mi si disse che nei racconti perduti si scopre che il primo Sauron era un gatto mammone della tradizione toscana. Gli hobbit richiamano un contesto di campagna inglese ma sono così piccoli e ininfluenti nell'economia del mondo da essere più il suo punto di accesso che il suo fulcro ambientativo. Piuttosto sono il fulcro delle storie, ma non il fulcro su cui si regge l'ambientazione, visto che nella Contea si passano solo i prologhi e gli epiloghi. Gli hobbit siamo noi quando entriamo nella Terra di Mezzo, lasciando con l'immaginazione la nostra casa, ma il mondo al di fuori della porta è molto diverso.

Entrambe le formule hanno vantaggi e svantaggi a seconda di come le si voglia provare ad utilizzare.
Anche perché provando ad usare un contesto così universale da poter essere ovunque in un certo senso non si ha ambientazione e si rischia di vivere ancor di più di soli stereotipi senza neanche che vi sia il grande campanile approfondito al centro.
Così anche l'insieme di riferimenti e il tentativo di tenere assieme un tutto compatto senza che scivoli non è facile di per sé, occorre trovare le formule giuste. Anche perché spesso anche ai lettori fa piacere che qualche campanile, per quanto basso, in vista ci sia.

Nelle ambientazioni di D&D è comodo usare gli stereotipi: meno devi spiegare e più puoi giocare, l'impressione di vivere un mondo "vivo" sarà più forte e con meno sforzo. Tutto sommato la trovo una cosa comoda, serve allo scopo.

Difatti può essere molto utile, a seconda di quale sia lo scopo generale.
Sono meglio gli orchi puro male che neanche si capisce come sopravvivano di Tolkien o i guerrieri onorevoli con eroi di Warcraft? Dipende dallo scopo. Se si vuole dare la possibilità di giocare un orco sono meglio i secondi mentre se si vuole avere un nemico con cui menar le mani lasciando i dilemmi ad altri scenari (Denethor, Vermilinguo, Saruman) vanno meglio i primi.

Nel creare un'ambientazione è bene avere in mente gli utilizzi di campagna/storia che vi si vogliono fare.
Dire che lo scopo è poter fare di tutto e di più rende ancor più evidenti le parti che funzionano e che ne costituiscono il fulcro effettivo. Forgotten Realms in questo è un esempio cardine. Ci sono le giungle, ci sono i deserti, ci sono le magocrazie... ma alla fin fine tutto ciò che conta passa per la Costa della Spada, Waterdeep, Neverwinter e Baldur's Gate. Il resto è un contorno che occorre per ricordare come ci sia qualcosa di più al di fuori di esso e per fare qualche viaggio esotico in terre stereotipate (il deserto dei criminali, gli schiavisti antichi...).
E in tutto questo non c'è nulla di male, basta esserne consapevoli.
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Yaztromo » mer set 13, 2017 3:50 am

Non é facile sfuggire agli "stereotipi culturali" e spesso si finisce con l'usare ambientazioni pseudofantastiche per parlare di situazioni o temi molto vicini e tangibili (per esempio Star Treck prima maniera parlava del razzismo, che in quegli anni era un tema molto toccante nel paese degli autori -a dir la verit´a lo é ancora, ma é un'altra storia- e veniva piú facile parlarne (e divulgare il tema) in un'ambientazione di fantascienza dove Umani e Vulcaniani si trovavano a dover per forza di cose collaborare...

Altri "stereotipi culturali" sanno un po' tanto di pigrizia, come tutta la fantascienza che non é altro che il Far West ri-ri-ri-masticato, ma con dei costumi diversi.

Ci sono poi gli esempi che dici tu, che un po' mi spaventano perché sembra che molte pubblicazioni di grande successo internazionale partano da presupposti culturali di corto respiro e, un po', anche di "colonialismo culturale" che le grandi catene della comunicazione spingono un po' in tutto il mondo.
Poi peró pensiamo che la piú grande industria cinematografica del mondo é Bollywood e vedimo che le cose si bilanciano un po'... peró Bollywood non é distribuito in tutto il mondo...
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Luskark » mer set 13, 2017 9:17 am

Yaztromo ha scritto:Non é facile sfuggire agli "stereotipi culturali" e spesso si finisce con l'usare ambientazioni pseudofantastiche per parlare di situazioni o temi molto vicini e tangibili (per esempio Star Treck prima maniera parlava del razzismo, che in quegli anni era un tema molto toccante nel paese degli autori -a dir la verit´a lo é ancora, ma é un'altra storia- e veniva piú facile parlarne (e divulgare il tema) in un'ambientazione di fantascienza dove Umani e Vulcaniani si trovavano a dover per forza di cose collaborare...

Star Trek è il sogno di un'umanità unita durante il periodo della Guerra Fredda, ma sotto un'egida statunitense. Così si barcamena tra un russo in ciurma (per quanto caricaturale) e un episodio in cui finiscono su un pianeta che per una serie di ragioni un po' particolari è arrivato ad avere una storia parallela a quella delle tredici colonie con tanto di bandiera a stelle e strisce cui Kirk e Spock fanno un convinto saluto di rispetto...
Anche se a distanza di anni diventa difficile a primo acchito capire se fosse più significativa la prima o la seconda cosa... Ossia quale delle due tradisca maggiormente lo spirito della serie rispetto ad un periodo comunque di guerra.

Quanto la fantasia sia utile per parlare di alcuni temi per metafore e simbologie ce l'ha dimostrato il recente Zootropolis. Forse il film di animazione più convincente rispetto al razzismo ma che vi passa per "carnivori" ed "erbivori" in un mondo di animali antropomorfi.
Dopo di che si possono anche preferire dei fantastici puri che, al posto di cercare di insegnare qualcosa, hanno il respiro del puro gusto del racconto e dell'avventura...

Altri "stereotipi culturali" sanno un po' tanto di pigrizia, come tutta la fantascienza che non é altro che il Far West ri-ri-ri-masticato, ma con dei costumi diversi.

A volte può essere anche un modo per tentare di riproporli a generazioni differenti. Il western in questo senso è emblematico, perché molti sceneggiatori, autori e registi sono cresciuti in un'epoca in cui spopolava mentre oggi è divenuto fuori moda.
Altre volte è solo sinonimo di pigrizia. Il riferimento primario è Avatar, usato solo per riproporre la novità che ormai non è più tale dai tempi di Soldato blu (1970), altro che Balla coi lupi.

Dopo di che è molto interessante vedere quali siano i riferimenti in un'estetica fantascientifica.
Per alcuni è il selvaggio west riciclato, per altri furon gli influssi dell'arte precolombiana (Druillet), per altri è il gusto dell'esplorazione (Moebius), per altri ancora sono i nightclub dalle insegne scintillanti che citavo al primo post (Guardiani della Galassia, Lobo, Coruscant).

Ci sono poi gli esempi che dici tu, che un po' mi spaventano perché sembra che molte pubblicazioni di grande successo internazionale partano da presupposti culturali di corto respiro e, un po', anche di "colonialismo culturale" che le grandi catene della comunicazione spingono un po' in tutto il mondo.

Il corto respiro è l'assetto che mi ha colpito maggiormente effettuando questa riflessione. Da questo si possono però trarre le conseguenze più differenti. Il corto respiro nella costruzione di mondi determinato da una fonte principale voluta (le ricerche di Martin sull'Inghilterra) o non voluta (Eichiiro Oda che rende il suo mondo molto giapponese senza accorgersene) mostra quanto piccole siano certe forme di fantasia o è comunque una base per costruire qualcosa di maggiormente universale che se invece cercasse di oltrepassare sé stesso risulterebbe meno riuscito?

Sarebbe poi interessante anche chiedersi cosa voglia vedere il pubblico patrio.
In Giappone tra One Piece e Naruto è più venduto il primo, mentre il secondo funziona di più sul mercato estero. Questo perché il pubblico giapponese vuole vedere Venezia (Water 7), le Mille e una Notte (Alabasta), la Spagna (Dressrosa) mentre il pubblico extra-nipponico vuole vedere i ninja e i loro miti.
Ma vale anche per noi: non a caso Alan Ford parla di Italia con come ambientazione New York, Tex Willer è un western, Diabolik ambientato in una sorta di Provenza franco-svizzera.
Agli statunitensi piace molto parlar di sé stessi ma curiosamente i film d'animazione della Disney con maggiori controversie sono proprio quelli ambientati in patria (Pocahontas, La principessa e il ranocchio) mentre i più grandi successi sono ambientati in terre lontane (Biancaneve, Il re leone, Frozen, La bella e la bestia, La sirenetta, Aladdin...).

Poi peró pensiamo che la piú grande industria cinematografica del mondo é Bollywood e vedimo che le cose si bilanciano un po'... peró Bollywood non é distribuito in tutto il mondo...

Però la popolazione indiana è pari a quella statunitense ed europea combinata.
E i tentativi di conquistare i mercati asiatici da parte degli statunitensi esistono e sono la ragione dell'apparizione di molti orientali all'interno di vari film hollywoodiani. Così abbiamo visto i primi apparire all'interno di Star Wars Episodio VII e Michael Bay è riuscito a vendere Transformers 4 solo trasformandolo in propaganda alla Repubblica Popolare e guadagnando in Cina il pubblico che in patria stava perdendo.

Un aspetto che in tutto ciò diviene interessante è quanto funzionino cose "inaspettate" rispetto a quelle che sono fatte apposta per conquistare queste fette di mercato. Situazioni in cui il fantasy stesso ha un ruolo importante.

Il film che ha sancito definitivamente quanto ininfluente sia il pubblico statunitense rispetto alla possibilità di funzionare su suolo cinese è stato Warcraft - L'inizio, che ha guadagnato molto più di qualunque altro film ambientato in Cina e pensato per esservi venduto.

Frozen è stato un successo incredibile in Giappone, rimanendo in testa al botteghino per ben quindici settimane di fila (se non di più!). Eppure non è ambientato in Giappone. Semplicemente il cardine del film è una principessa che reprime tutto ciò che prova per anni e anni fino a scappare da tutto per cantare una canzone sulla necessità di lasciarsi andare. Qualcosa in cui i giapponesi si identificano molto...
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Kalvalastir » mer set 13, 2017 5:42 pm

Aggiungo un dettaglio sulle ambientazioni di D&D: gli "stereotipi culturali" funzionano benissimo anche al contrario.

Ad esempio, in Dark Sun gli Elfi sono praticamente l'esatto opposto degli Alti Elfi tolkeniani. Non più esseri pacati dalla lunga vita, che si struggono e languiscono pensando ad un futuro lontano... bensì sfrenati corridori dalla vita breve che non pensano al futuro e badano al momento.

O ancora meglio: sempre in Dark Sun gli Halfing sono a loro volta l'antitesi degli hobbit, ma anche dei classici Halfling ladruncoli del D&D classico. Non più docili signori inglesi dalla vita sedentaria o al più simpatici avventurieri dal cuore leggero... ma selvaggi tribali nomadi e con fama di cannibali.

Insomma: prendere uno stereotipo e ribaltarlo funziona molto bene per ottenere un certo effetto "wow" che aggiunge colore all'ambientazione.

Ovviamente sempre di stereotipo si tratta, anche se parliamo della deliberata rottura dello stesso.
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Red_Dragon » gio set 14, 2017 1:23 am

Faccio notare che esiste anche il "campanilismo" "mischione": parti dal campanilismo di nascita (o culturale) e prosegue andando ad aggiungere quello di lettura (od importato) andando a creare mondi nuovi. Non sempre originali ma comunque diversi.

Faccio notare che Star Wars è di fatto un campanilismo di nascita: se ci fai caso, tutti gli "astroporti" sono saloon, i pianeti desertici sono le lande deserte che si trovano in America mentre i pianeti ghiacciati sono montagne ghiacciate. Il tutto è lasciato vago, con la scusa dei salti spaziali e dei "pianeti continente" per cui la maggior parte della gente non se ne accorge.

Tolkien è un campanilismo mischione, solo che lui era bravo a differenza di molti altri.

N.B.: ho messo campanilismo culturale equiparandolo a quello di nascita, anche se non è sempre così: facci caso. Crei un fantasy. Ti ispiri all'Italia? No. All'America? Probabile. Ma magari all'Inghilterra od alla Francia o... no, l'Oriente, nonostante abbia colpito il nostro immaginario, non è ancora davvero a livello culturale in senso di creazione mondi. Se noi mettiamo qualcosa di orientale sarà colore su qualcosa di occidentale ;) E questo avviene anche per gli orientali. Da qui il termine "importato" al posto di quello di "lettura" perché non è sempre la lettura quella che dà il campanilismo (magari è un film, un cartone animato od una visita a "quella città orientale che ti ha colpito").

Personalmente "campanilismo" non è una buona parola (=Attaccamento esagerato e gretto alla propria città o al proprio paese) perché non è quello che rende l'idea: il campanilismo avviene quando uno lo fa apposta e forza la mano per farti vedere "guarda è proprio l'America/Inghilterra/giappone a cui ho cambiato nome" e non un tentativo di creare un mondo partendo da ciò che conosci (perché nessuno parte da zero). Influenze culturali (proposto da Kalavastir) è meglio, anche se capisco il problema di trovare una parola e non una frase. Se mi venisse in mente qualcosa di meglio, lo segnalo.

Ciao :)
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Luskark » ven set 15, 2017 10:00 am

Kalvalastir ha scritto:Aggiungo un dettaglio sulle ambientazioni di D&D: gli "stereotipi culturali" funzionano benissimo anche al contrario.

Ad esempio, in Dark Sun gli Elfi sono praticamente l'esatto opposto degli Alti Elfi tolkeniani. Non più esseri pacati dalla lunga vita, che si struggono e languiscono pensando ad un futuro lontano... bensì sfrenati corridori dalla vita breve che non pensano al futuro e badano al momento.

O ancora meglio: sempre in Dark Sun gli Halfing sono a loro volta l'antitesi degli hobbit, ma anche dei classici Halfling ladruncoli del D&D classico. Non più docili signori inglesi dalla vita sedentaria o al più simpatici avventurieri dal cuore leggero... ma selvaggi tribali nomadi e con fama di cannibali.

Insomma: prendere uno stereotipo e ribaltarlo funziona molto bene per ottenere un certo effetto "wow" che aggiunge colore all'ambientazione.

Ovviamente sempre di stereotipo si tratta, anche se parliamo della deliberata rottura dello stesso.

Sono i due giochi estremi che si possono fare con gli stereotipi.
Seguirlo fino alla fine o andare sull'esatto contrario.
L'ogre mangiabimbi più mangiabimbi immaginabile e l'ogre gentile che è solo vittima di incomprensioni.
Il motivo per cui Shrek è piaciuto molto è il fatto per cui pur essendo vittima di incomprensioni rimane molto politicamente scorretto vivendo nella sua palude, in più reagisce detestando e cacciando tutti quanti e chiudendosi in sé stesso. E rispetto a tutto questo ha bisogno di Ciuchino e di Fiona per migliorarsi.

Red_Dragon ha scritto:Faccio notare che esiste anche il "campanilismo" "mischione": parti dal campanilismo di nascita (o culturale) e prosegue andando ad aggiungere quello di lettura (od importato) andando a creare mondi nuovi. Non sempre originali ma comunque diversi.

Certo. Solo io ho cercato di mettere in luce l'elemento principale che in un certo senso finisce per divenire a tal punto prevalente da rendere estremamente secondari tutti gli altri. Lo considero di nascita se prevale questo, di lettura se prevale quello.
Secondo il mio schema nel momento in cui la mescolanza è equilibrata non è più campanilismo.

Faccio notare che Star Wars è di fatto un campanilismo di nascita: se ci fai caso, tutti gli "astroporti" sono saloon, i pianeti desertici sono le lande deserte che si trovano in America mentre i pianeti ghiacciati sono montagne ghiacciate. Il tutto è lasciato vago, con la scusa dei salti spaziali e dei "pianeti continente" per cui la maggior parte della gente non se ne accorge.

Sotto alcuni punti di vista Star Wars è così generico da poter essere qualunque cosa.
Però contemporaneamente in Cina e Russia Star Wars non ha mai avuto grande successo.
Esistono maggiori elementi statunitensi rispetto a quanto io percepisca?
Oppure l'elemento di propaganda da guerra fredda crea ancora problemi?

Nel 1999 il viceré Nute Gunray aveva ancora un marcato accento russo (che poi gli è sparito nel 2005), potrei capire che la cosa non generi grandi entusiasmi...

Tolkien è un campanilismo mischione, solo che lui era bravo a differenza di molti altri.

Su Tolkien sto rivedendo in parte la mia posizione.
Ravenguard, che vede molto spesso persone anglosassoni, mi disse che per il modo in cui si comportano i suoi abitanti la Terra di Mezzo è una grande Inghilterra. Ma devo indagare ulteriormente.
Di sicuro era molto bravo nel trarre fonti da ambienti diversi.

N.B.: ho messo campanilismo culturale equiparandolo a quello di nascita, anche se non è sempre così: facci caso. Crei un fantasy. Ti ispiri all'Italia? No. All'America? Probabile. Ma magari all'Inghilterra od alla Francia o... no, l'Oriente, nonostante abbia colpito il nostro immaginario, non è ancora davvero a livello culturale in senso di creazione mondi. Se noi mettiamo qualcosa di orientale sarà colore su qualcosa di occidentale ;) E questo avviene anche per gli orientali. Da qui il termine "importato" al posto di quello di "lettura" perché non è sempre la lettura quella che dà il campanilismo (magari è un film, un cartone animato od una visita a "quella città orientale che ti ha colpito").

Mi sembra più che sensato. Il fatto di essere nati in Italia non ci impedisce di crescere con una cultura statunitense, crescendo e vivendo in accordo con le loro serie tv, leggendo i loro fumetti e vedendo i loro film.
Difatti ciò che mettevo in luce con Martin (o Miura) è il fatto di ricercare in un qualcosa di esotico per lui (le cronache anglosassoni) un mondo altro. Ma alla fin fine si appassiona così tanto alla sua lettura di quel mondo da renderlo la sua base culturale, nonostante per lui rimanga comunque gustosa in quanto esotica.
Con Oda il procedimento è al contrario: per quanto adori i mondi esotici in cui manda i suoi protagonisti il suo punto di partenza rimane la cultura giapponese in cui è nato e vissuto.
Quindi sì, il cambio di termini è adeguato. :)

Personalmente "campanilismo" non è una buona parola (=Attaccamento esagerato e gretto alla propria città o al proprio paese) perché non è quello che rende l'idea: il campanilismo avviene quando uno lo fa apposta e forza la mano per farti vedere "guarda è proprio l'America/Inghilterra/giappone a cui ho cambiato nome" e non un tentativo di creare un mondo partendo da ciò che conosci (perché nessuno parte da zero). Influenze culturali (proposto da Kalavastir) è meglio, anche se capisco il problema di trovare una parola e non una frase. Se mi venisse in mente qualcosa di meglio, lo segnalo.

Difatti sono più che disponibile a cambiarla con un'alternativa. Bisogna solo trovarla :)
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Re: [Backstage] Ambientazioni e campanilismo

Messaggioda Yaztromo » sab set 16, 2017 3:03 am

Luskark ha scritto:
Poi peró pensiamo che la piú grande industria cinematografica del mondo é Bollywood e vedimo che le cose si bilanciano un po'... peró Bollywood non é distribuito in tutto il mondo...

Però la popolazione indiana è pari a quella statunitense ed europea combinata.

Ineccepibile, peró gran parte dei film di Hollywood sono distribuiti in India e in una maniera o nell'altra entrano nella "cultura popolare" (poni ad esempio le Principesse Disney, tanto per capirci), mentre la gran parte dei film di Bollywood non sono distribuiti in "Occidente".
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