Gwaihir ha scritto:Anche io mi ritrovo a pieno nella prima e nella terza tipologia mentre la seconda è difficile da inquadrare. A me sembra che quando i giapponesi ci mostrano un Medioevo Oscuro, rappresentano spesso un medioevo occidentale. Berserk, Claymore e anche Goblin Slayer (dove i goblin sono molto più crudeli di quelli D&Deschi) ne sono un esempio.
Esattamente a costoro pensavo.
Qui la magitecnologia è completamente assente, e la magia è molto più limitata e controllata nella gestione.
L'ispirazione è un simil-medioevo oscuro che più oscuro non si possa, ove esser popolani significa davvero incorrere nelle angherie di mostri, soldati, creature e chicchessia di passaggio.
Non notai lo stesso spirito in serie su base yokai o che abbiano un'ambientazione più nipponica e per questo le distinguo.
Condivido il fatto che la storia e la cultura giapponese abbiano influito moltissimo sulla loro re-interpretazione del genere fantasy (per non parlare di molte storie e miti occidentali come Lady Oscar, Robin Hood e tanti altri) e da quello che leggevo in rete sembra che i giapponesi non abbiano lo stesso timore reverenziale che abbiamo noi e quindi non si fanno troppi problemi a stravolgere il fantasy. A proposito di questo mi viene in mente il manga Drifters dove i personaggi storici come Annibale, Oda Nobunaga o Hitler si ritrovano dopo la loro morte a continuare a combattere in un mondo fantasy con elfi e nani.
Ho il dubbio che l'assenza di timor reverenziale per il fantasy passi proprio per una scarsa importanza di Tolkien. Da noi ogni autore lavori sul fantasy avrà dei mostri sacri come punti di riferimento, che suscitano confronti molto più vivaci di quelli che accadono con autori che da un punto di vista letterario potrebbero essere assai più sacri dal punto di vista accademico.
Se, come immagino, D&D ha avuto un ruolo più diretto di Tolkien nella trasmissione del fantasy, D&D non è un mostro sacro, ma un laboratorio incompiuto fatto apposta perché chiunque lo riadatti a suo piacere.
Cui si aggiunga che elfi e nani sono comunque parte di un immaginario cui ci abituiamo man mano a riferirci come nostro (anche se nazionalizzando le prospettive l'Italia avrebbe altri punti di riferimento), ma crescendoci assieme finiamo per considerarli nostri, indi li trattiamo in modo diverso.
Allo stesso modo in cui lavorare con la storia altrui (per qualsiasi paese) è molto diverso dal lavorar con la propria.
Riguardo la burocrazia, se ho inteso bene il concetto, questo è un connotato trasversale nelle produzioni giapponesi. Le gerarchie all’interno di organizzazioni che classificano livello di abilità e di autorità, e di riflesso livelli di quest/pericoli da affrontare, sono presenti in moltissime produzioni. Per esempio Goblin Slayer, che mi sembra una delle produzioni più vicina al fantasy come lo conosciamo, gli avventurieri sono classificati dalla gilda in base alla difficoltà delle quest che risolvono e hanno i gradi oro, argento, etc. (Non vi ricorda i cavalieri dello zodiaco?!)
Precisamente!
I giapponesi tendono a dare struttura burocraticamente organizzata al tutto, anche a mondi fantasy medievaleggianti.
Le gilde di produzione occidentale sono molto più mobili.
Quelle di produzione nipponica tendono ad avere regole molto stringenti, distribuzione per gradi, prove molto chiare nel passaggio da una classificazione all'altra, un registro di presenze, una conoscenza molto specifica degli addetti...
Red_Dragon ha scritto:Ciò detto, sarebbe molto interessante iniziare a schematizzare i vari approcci che hanno avuto su vari tipi di fantasy e su come si differenziano dal nostro. Nonostante il nerd che è in me dica "facciamolo", non ho il tempo materiale di cercare tutte le fonti necessarie e fare il raffronto... e soprattuto sono molto ignorante sulla cultura nippica, se non per il poco che è trapelato da Manga ed Anime.
Forse le conoscenze mie sono bastanti per dividere varie serie nelle tre tipologie proposte.
Un gruppo che si sta affermando, ma su cui forse potrei aprire un topic a parte, è quello del fantasy videoludico. Bypassando i problemi dati dalla giustificazione dell'esistenza del mondo fantasy, si riprende un canone narniano (o, ancor prima, lewiscarroliano) secondo cui il protagonista accede al mondo fantasy ma proviene dal nostro. La differenza è data dal fatto per cui la chiave d'accesso è un videogioco fantasy, in cui il protagonista o si trova risucchiato o va avanti e indietro. Indi il protagonista è consapevole che tutti costoro siano PNG e conosce dettagli sul gioco dipendenti dall'averlo giocato. Vengono così giustificati vari elementi problematici: i mostri si possono uccidere con minor difficoltà moralmente parlando perché sono comunque mostri da videogioco, il senso di straniamento è attenuato dalla , anche il modo di trattare i PNG deriva dal fatto per cui per il protagonista essi sono reali a metà.
In secondo luogo si tende a fornire questi personaggi di uno schermo da videogiocatore che possono evocare di volta in volta, e cliccando due o tre pulsanti causano effetti da videogioco all'interno del mondo fantasy.
Il genere è in espansione da qualche anno, e vi sono anche esempi eccellenti, come Overlord.
Tuttavia vedo dei difetti nell'operazione, se mal gestita (e non è così facile). Rispetto a tutti i problemi che vengono così superati (si può usare lessico videoludico regolistico facilmente giustificato, quanto scritto sopra) a mio parere man mano rischiano di ridurre l'immedesimazione del lettore nella serie, visto che il mondo per sua definizione rischia di sembrare finto per le stesse ragioni che lo rendevano reale.
Nyxator ha scritto:Red_Dragon ha scritto:altra cosa che ho notato sono le armature: non sono quegli scatoloni di metallo nostri ma sono decisamente coreografiche, sgargianti, adatte come un guanto e soprattutto per nulla limitanti dei movimenti perché i loro combattimenti sono molto movimentati e mai statici.
Prova a ridirmelo con addosso 30kg di ō-yoroi con tanto di elmo kabuto ecc o la sua versione da fanteria, poi ne riparliamo :
D'accordo che quelle giapponesi erano più flessibili e curate/rifinite in generale, ma le armature occidentali mica son tutte delle sole strapesanti scomode da 50kg alla chainmail con gli anelli spessi. La piastre arriva a 25kg.
Verissimo, i samurai in armatura completa ci furono eccome.
Curiosamente però forse appaiono meno all'interno del fantasy, anche storico, almeno a mia impressione.
Forse perché i samurai cui si riferiscono sono più quelli di Kurosawa in vestiario molto leggero, mentre le armature complete hanno funzionato molto meno.
Non mi vengono in mente esempi contrari, ma pensandoci adesso sarei interessato, se qualche personaggio celebre c'è.
Red_Dragon ha scritto:Nyxator ha scritto:Sul fatto che gli yokai (e yurei) non ricadano anche nel dark fantasy avrei un attimo qualche dubbio. Lì si spazia da quelli carucci di manga/anime tipo i tengu-karasu di Lamù a quelli ultrainquietanti cattivissimi. (e il problem è che molti infestano ambienti pubblici tipo i bagni o quelli domestici)
Gli yokai giapponesi, a quanto ho compreso, sono un po' come i nostri folletti e fate: alcuni benigni ed alcuni maligni (ed alcuni che cambiano da un tipo all'altro). Quindi utilizzati sia come horror che come "carucci" (non saprei come definirli).
Confermo ambedue i post.
C'è tutto un genere di cinema dell'orrore basato sugli yokai. In Giappone come nel resto dell'Asia.
Avevo visto una mostra, posso costruire un elenco di titoli prima o poi (pur avendone visto solo locandine e brevi spezzoni).
Così come ci sono yokai sfruttati in modo più inquietante anche in alcuni fantasy (anche se dovrei ricostruire e ricordare bene quali, ma il ricordo c'è).
Ma in parte anche quella è l'autentica dimensione follettesca, solo che noi tendiamo a dimenticarla. I folletti possono essere veramente terribili, quando provocati o quando insultati anche senza che l'autore dell'insulto si renda conto di quanto commesso. Una certa tradizione ci ha spinto a considerare quei caotici neutrali principalmente dei caotici buoni, quando significa che possono essere anche tendenti al caotico malvagio.
Porrei in questo due cause principali:
• una trasformazione dei racconti che li riguardano in una nuova concezione di letteratura (e cinema) per l'infanzia, che ha teso a renderli meno maligni
• l'identificazione col contesto naturale, e quando i folletti sono gli spiriti della foresta che salvano il mondo, sarà difficile immaginarli come maligni e terrificanti (natura da proteggere e salvare, non matrigna e potenzialmente pericolosa)
Rispetto a questo secondo punto un Miyazaki de "La principessa Mononoke" trova già un punto di equilibrio molto più interessante.
Un secondo aspetto da non dimenticare: i diavoli e demoni torturatori ci sono, ma sono le creature di importazione buddhista. Indi esiste una tradizione locale di lungo corso. Demoni e diavoli cristiani hanno modificato l'estetica ma vengono adattati abbastanza facilmente, anche se con una difficoltà. I giudici infernali buddhisti sono simili al Minosse dantesco, a metà tra demoni malvagi e dispensatori di giustizia celeste, mentre da noi i diavoli sono passati sempre più verso l'idea di male assoluto, e il ruolo di esecutori di una giustizia (cui tra l'altro non obbediscono) è passato in secondo piano. Indi gli autori giapponesi tendono a collocare i diavoli buddhisti nel ruolo di giudici (Re Yammer/Enma di Dragon Ball) e quelli cristiani nel ruolo di male assoluto.
Mancano invece gli angeli con le ali da uccello. I paradisi buddhisti non li contemplano.
Gli angeli invece provengono dal contatto con la Divina Commedia, forse ancor più che col Cristianesimo. Quando tradussero Dante avevano delle difficoltà, perché usavano degli uomini uccello folletteschi che così buoni non erano, e dunque non si capiva come mai stessero in paradiso.