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[Recensione] Pathfinder - Lost Cities of Golarion

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[Recensione] Pathfinder - Lost Cities of Golarion

Messaggioda firwood » ven ott 07, 2011 11:53 pm

Dopo un manuale estremamente tecnico è la volta di uno prettamente narrativo.
E’ con grande piacere che mi accingo a recensire Lost Cities of Golarion, un manuale che tratta di 6 città prese direttamente dal lontano passato di Golarion.
Città il cui nome sfuma tra storia e leggenda, accompagnando il lettore tra stranezze, curiosità, bizzarrie e orrori che giacciono sepolti e dimenticati, in attesa di qualche folle avventuriero che le riporti alla luce.

Il manuale di 68 pagine è così strutturato:

    Introduction (da pagina 2 a pagina 3)
    Ilvarandin (da pagina 4 a pagina 13)
    Kho (da pagina 14 a pagina 23)
    Sorasta (da pagina 24 a pagina 33)
    Sun Temple Colony (da pagina 34 a pagina 33)
    Tumen (da pagina 44 a pagina 53)
    Xin-Shalast (da pagina 54 a pagina 63)

Introduction
Diversamente da molti altri manuali, l’introduzione di Lost Cities of Golarion merita un’attenta lettura. In primis perché chiarisce esattamente cosa aspettarsi da questo manuale; secondariamente perché spiega come utilizzare “in game” le nozioni contenute tra la sue pagine.

Leggendo queste due veloci paginette si viene a sapere che questo volume è il gemello de Cities of Golarion (che tratterò in futuro), e contiene informazioni dettagliate su queste aree urbane e sulla loro storia.
Di fatto, diversamente da Cities of Golarion, che fornisce città pronte all’uso immediatamente, Lost Cities of Golarion è una specie di almanacco, fitto di leggende e informazioni utili come background per eventuali avventure.
Naturalmente nulla vieta ad un master di prendere il materiale così com’è presentato e renderlo disponibile ai propri giocatori… ma lo scopo del tomo non è esattamente questo.
Volendolo usare “as is”, ogni città si trasforma, de facto, in un’ambientazione chiusa (le cosiddette ambientazioni sandbox), perfettamente giocabile ma che perde, a mio avviso, gran parte del suo fascino.
Vanno usate, come dice la stessa introduzione, come “parti integranti dell’ambientazione di Pathfinder”, e su di esse vanno costruite le avventure che vedranno i personaggi dei vostri giocatori assoluti protagonisti.

Detto questo, prima di immergersi nelle leggende di Golarion, è doveroso premettere che la struttura di ogni capitolo (e di conseguenza di ogni città) è la medesima, ossia:

    Appearance
    Hystory
    Map
    Residents
    Relations and Trade
    Sites of interest (con schede dettagliate degli insediamenti principali)
    Campaign (divise in 3 livelli: low, middle e High)
    Random Encounters
    Un elemento caratteristico della città (il cui titolo ovviamente varia da una all’altra)
    Variant Monsters
    Una creatura caratteristica della città (anche qui sempre diversa di volta in volta)

Oltre alla struttura portante, sparsi in ogni capitolo ci sono dei riquadri (le cosiddette sidebar) che riportano curiosità o informazioni peculiari del sito trattato.
Ora che si ha ben chiaro come “funziona” ogni capitolo si può procedere a visionare cosa contiene, cominciando da…

Ilvarandin
Situata al di sotto dell’Avistan Occidentale, questa immensa metropoli fa parte del regno sotterraneo noto come The Darklands (le Lande Tenebrose nella versione italiana dell’ambientazione).
Quando dico immensa non lo faccio tanto per dire: Ilvarandin ha le dimensioni di una “piccola nazione”, sebbene tra le sue vie lastricate e le vaste piazze il chiacchiericcio dei passanti, le risate dei bambini o i suoni delle normali attività lavorative si odano ben di rado.
Proprio per questo la metropoli si è guadagnata il soprannome di “città muta”. Di origine antichissima, fatta addirittura risalire ai leggendari Vault Builders, oggi è perlopiù disabitata, e le persone che si vedono camminare per le strade del centro sono meri simulacri. In realtà sono poco più di “abiti” indossati da Divoracervelli che indulgono in piacere solitamente negati a causa della loro forma fisica.
Alcuni gruppi di sopravvissuti esistono ancora e vivono costantemente nel terrore di quello che avviene nel cuore della città.
La città è costruita in modo disarmonico, con stili architettonici diversi, ed è tutta un proliferare di torri, archi, cupole che le conferiscono un aspetto unico non riscontrabile altrove su Golarion. Alcune parti della metropoli hanno subito l’incuria dei millenni, altre sono state volutamente rase al suolo o deturpate, ma la maggior parte conserva ancora il suo bizzaro, inquietante e affascinante aspetto.
Ilvarandin è sempre soffusa in una tenue luce verde, dovuta alle “nuvole” di funghi che fluttuano al di sopra della città nell’immensa volta della caverna, o che hanno trovato terreno fertile nelle alte torri, diventando fari visibile da lontano.
Attualmente Ilvaradin funge da rifugio per i derelitti delle Lande Tenebrose, siano essi drow o derro, gargoyle o morlock. La parte del leone, tuttavia, la fanno i Divoracervelli. Queste oscene creature hanno eletto la città a loro dimora e “allevamento” di creature senzienti di qualunque tipo. Allevamento sia per il loro nutrimenti, sia per il piacere e, cosa più inquietante, come studio e anticamera di una salita in superficie.
Questi mostri vivono in quella che si chiama Ilvarandin Alta, raggiungibile solo attraverso un periglioso viaggio per un deserto simile alle infuocate distese Azlanti.

Gli agganci per coinvolgere la popolazione di superficie sono suggeriti da una droga magica, chiamate Latte di Mezzanotte, e da grosse lenti che prendono il nome di Lenti Oniriche (anch’esse magiche e provocano, in abbinamento con la droga intrusioni nei sogni di chi ne fa uso) divenuta popolare tra gli intellettuali e gli strati superiori delle società chelaxiane, di Varisia e Nisroch.
Questi due elementi inducono visoni e desideri che possono essere placati solo raggiungendo la città nel sottosuolo, procurando carne fresca ai divoracervelli.
Il manuale suggerisce di non usare personaggi di basso livello entro i confini di Ilvarandim, ma di limitarsi a dare suggerimenti sull’origine della droga finchè non abbiano raggiunto un livello medio.
A questo punto possono intraprendere il pericolo viaggio fino alla Città Muta. Sarebbe ancora prematuro tuttavia farli avventurare tra le vie silenziose.
Una volta raggiunta la piena maturità (livelli alti in termini di gioco) i giocatori possono lasciar muovere i loro personaggi tra le mura di Ilvarandim, proponendo come scopo ultimo la distruzione delle Lenti Oniriche.
Le tabelle per gli incontri casuali sono anch’esse 3, naturalmente ciascuna pensata per la rispettiva fasci di avventurieri (livello basso, medio e alto). Tra le creature che vagano per Ilvarandin abbiamo il mitico cubo gelatinoso e la gelatina ocra (livello basso), ben note ai vecchi giocatori che hanno vissuto le prime esperienze di gioco con la scatola rossa di D&D.
Salendo di una tacca nella scala di difficoltà ci sono, tra gli altri, drow e fustigatori.
Nell’ultima tabella compaiono vermi purpurei, divoracervelli, neothelid e draghi d’ombra. Insomma, creaturine che si trovano praticamente ogni giorno!

La caratteristica saliente di Ilvarandin meritevole di una parte tutta per sé riguarda il Latte di Mezzanotte. Nel paragrafo dedicato a questa droga si trovano tutte le sue caratteristiche, gli effetti e altro ancora.

La parte relativa ai mostri alternativi propone i cumuli striscianti, che si possono trovare nelle zone paludose limitrofe al fiume Irikusk.

Il capitolo si chiude con la descrizione (e relativo blocco di staistiche) di uno dei reggenti di Ilvarandin, e più precisamente del Custode delle Lenti Tiluatchek.

Kho
Originariamente una splendida e maestosa città volante, Kho attualmente fatica ad assomigliare persino alle rovine di un insediamento urbano. Le guglie e le cupole di cristallo che brillavano orgogliosamente alla luce del sole e della luna giacciono ora in frantumi sepolti dalla vegetazione a ridosso del Muro Barriera, quasi alla foce del fiume Vanji al confine orientale con la Giungla Mwangi.
Lo schianto della caduta ha creato nel terreno una vallata profonda e frastagliata, ricca di crepacci e ricoperta da una lussureggiante vegetazione, attraversata da un fiume che si tuffa da diverse cascate nella parte più orientale della zona per poi danzare tra le rocce più a ovest.
La città si mostra solo quando la luce del sole o delle stelle la illumina: gli innumerevoli frammenti di cristallo catturano la luce e la riverberano in complessi arcobaleni, rivelando sontuose strutture che brillano in controluce. Creste e poggi baluginano lasciando intuire la grandiosità dell’architettura originale.
Creata 7000 anni fa dall’impero Shory, Kho fu la prima delle leggendarie città volanti, apice della gloria e potenza dell’abilità magica degli uomini che crearono un intero regno tra le nuvole. I motivi della caduta di Kho sono ignoti. Si sa solo che si schiantò al suolo durante l’Era del Destino.

Attualmente le rovine della città sono abitate dalle tribù Uomoto, ma chi governa formalmente, seppure autonominatosi, è un genio marid che ha eletto il fiume e alcune aree delle rovine a suo possedimento personale.
Oltre agli umani e questo genio, le rovine sono popolate anche da altre specie, come i dherii (una sorta di gorilla alati che già furono servitore degli Shory), xorn e ben più pericolosi leukodaemons e astradaemons (entrambe le creature si trovano sul Bestiary 2).

Rispetto alla prima area trattata dal manuale, Kho si mostra più versatile nella creazione di avventure disponibili per tutte e tre le fasce di livello per essere pienamente godibile.
Tra piaghe, ratti mannari, antichi servitori che si vogliono affrancare, geni, demoni e drow c’è solo da sbizzarrirsi. Gi agganci per le avventure sono davvero molti, e tutti ugualmente affascinanti.

Tra le creature presenti nelle tabelle troviamo ombre e viverne per la “fascia bassa”, manticore e leucodemoni nella fascia intermedia, golem di pietra e elementali dell’acqua nella fiascia di difficoltà più elevata.

L’area caratteristica scelta per Kho è il Pozzo di Axuma, la fonte dell’energia magica irradiata in tutta la città.
Inoltre si trova un archetipo (creature di cristallo), mentre la creatura che chiude il capitolo è il dehrii.

Storasta
Storasta non affonda le sue radici nel mito, né si tratta di un luogo da lungo tempo dimenticato.
La sua caduta risale a poco meno di un secolo fa, ma tanto è bastato per farne un cumulo di macerie maledetto e dalla nomea famigerata da usare nelle favole per spaventare i bambini.
La città, che sorgeva alla confluenza dei fiumi Sarkora e Sellen Occidentale, è caduta sotto il potere dei demoni che si sono insediati nella zona una volta conosciuta come Sarkoris. Da sempre nodo di commerci e grande mercato, luogi di transito per merci e persone, ora giace in un pietoso stato di semi abbandono. Le devastazioni portate dalla progenie infernale hanno mutato radicalmente l’aspetto della regione, trasformando giardini e boschetti rigogliosi e ben curati in un groviglio di rami, viticci e fogliame inestricabile, che pulsa di un livido color bile, che suggerisce quali forze immonde abbiano preso il controllo della regione.
Le rovine sono inframezzate da canali che spesso esondano sommergendo le aree inferiori della zona, mentre al centro di quella che fù una grande città si erge ora un tumulo gigantesco coronato da grandi alberi e cosparso, quasi ammorbato, da grandi fiori viscosi e appiccicosi.

Chi abita in questa regione corrotta? Piante senzienti, creature fatate corrotte, demoni, troll, boggard, megere, treant….
Insomma, un bel ventaglio di mostruosità assortite che non mancheranno di testare gruppi di valenti avventurieri.

Per avventurieri di basso livello avvicinarsi a Storasta rappresenta una notevole sfida, dove questi impavidi eroi dovranno affrontare lupi mannari, servitori minori dei demoni e piante assassine.
Il manuale inoltre suggerisce potenziali alleanze o, viceversa, potenziali faide, con alcuni dei png che risiedono nella zone (Carrock, il treant pazzo o Lalizarzadeh, una demonessa hezrou) come ulteriori agganci per sfruttare il materiale contenuto in questo capitolo.
I personaggi di medio livello possono muovere dai confini della zona alle aree centrali di Storasta, dove potrebbero imbattersi in un’autentica guerra tra sciamani.
Infine, avventurieri di alto livello potrebbero addirittura spingersi all’assalto della città in rovina, cercando e sconfiggendo i suoi residenti più importanti e, ovviamente, potenti.

Non ci sono creature che spiccano particolarmente nelle tre tabelle per gli incontri fornite a corredo del capitolo. Per gli amanti dei draghi, ci potrebbe essere un interessante ed impegnativo scontro con un drago nero antico.

La caratteristica particolare relativa a Storasta scelta dai creativi Paizo è Carrock’s How, un gigantesco edificio vivente che nasconde il centro di potere primevo che collega tro loro idoli, spiriti e sciamani di Sarkoris.

La creatura scelta per chiudere il capitolo è Carrock, un titanico treant pazzo, druido pericoloso e potente (valore in punti esperienza: 307.200!!!) che da solo rappresenta una sfida per un gruppo di personaggi anche di alto livello.

Sun Temple Colony
Perse ad occidente nel Mare Fumante (Steaming Sea) giacciono le rovine della città azlanti di Nal-Vashkin. Strane luci dardeggiano tra santuari diroccati invitando gli incauti a scendere tra le profondità dell’isola.
Una gigantesca lente montata su una struttura bronzea orbitava erraticamente su quest’isola, concentrando i raggi del sole in una raggio che traccia solchi profondi nel fogliame che ricopre fittamente la superficie.
Le aree scoperte lasciano intravedere ovunque rovine di un’antica civiltà, un panorama di "ampi angoli e superfici di pietra ... troppo grandi per appartenere a qualcosa proprio di questo pianeta, ed empie quanto orrende immagini e disturbanti geroglifici." La geometria é "anormale, non euclidea e repulsiva, che sa di sfere e dimensioni diverse dalle nostre." Angoli acuti, sezioni di sfere e archi (la citazione di Lovecraft non è casuale).
Su tutto risalta il Tempio del Sole, arroccato su un’altura annerita dai raggi della enorme lente che gravita su questa parte di oceano.

Originariamente la lente serviva sia come celebrazione alle divnità azlanti del sole, sia come focalizzatore dei raggi solari sulla cupola di cristallo del tempio. Non si conosce lo scopo “pratico” per cui questo dispositivo è stato creato.
Da secoli ormai questo manufatto ha subito gravi alterazioni alla sua traiettoria, mentre la cupola che avrebbe dovuto ricevere il suo fascio luminoso giace in frantumi da altrettanto tempo.
Circa 3 secoli fa, i pochi coloni sopravvissuti alle razzie compiute dagli elfi della Guglia Mordente (Mordant Spire) hanno inconsapevolmente riportato in vita una creatura che giaceva nel tempio, la stessa portata in vita dalla Lente Celeste.
La creatura, che chiama sé stessa Nuruu’gal ha promesso ai coloni protezione in cambio di sostentamento. Spinti dal loro “dio”, gli uomini ricostruirono il tempio e ripristinarono l’orbita corretta delle Lente Celeste, alimentando in questo modo la melmosa creatura sita all’interno del tempio stesso.
Negli ultimi 30 anni sull’isola si è scatenata una feroce battaglia tra i sostenitori di Nuruu’gal e chi invece vede questa creatura come un abominio e un insulto al vero dio del sole.

L’isola è abitata da circa 400 cultisti seguaci di Nuruu’gal e circa 200 “fuoricasta” che si oppongono alla presunta divinità.
Più strisciante (letteralmente) è la presenza di un grande numero di melme, oltre a elementali del fuoco richiamati su questo piano dall’intenso calore generato dalla Lente Celeste.
Inoltre, in alcune zone zone, ci sono forti concentrazioni di fantasmi, fuochi fatui e qualche demone.

La campagna su quest’isola è di più immediata gestione rispetto a quanto presentato nei precedenti capitoli. Probabilmente a causa dalla sua lontananza dal continente, l’isola e le sue caratteristiche si prestano benissimo all’uso diretto da parte del master.
La leggenda che riguarda la Colonia del Tempio del Sole è ben conosciuta, specialmente in Andoran. Non sarà quindi difficile tentare i novelli avventurieri col miraggio di tesori sberluccicanti nascosti tra antiche rovine.
Per avventurieri di livello medio potrebbe essere più interessante e gratificante buttarsi a capofitto nella mischia, e scegliere se schierarsi dalla parte dei cultisti o dalla parte degli esuli.
La ricerca di indizi tra le rovine, il lento dipanarsi di misteri lunghi secoli o millenni e gli scontri tesi con creature pericolose dovrebbere rendere gradevole l’esperienza per chi osa avventurarsi su quest’isola.
Infine, per gli avventurieri esperti, si possono schiudere le porte alla sfida con la pseudo divinità stessa e introdurre altri elementi mistici rimasti sconosciuti in precedenza.
Tra le creature presenti nelle consuete 3 tabelle spiccano regni-fase, scheletri brucianti, fantasmi, chuult, shining child (Bestiary 2), vrock.

La scelta per l’elemento caratteristico da descrivere è ricaduta sulle Lenti Celesti, un manufatto di grande potere creato dagli antichi Azlanti, e da un manufatto minore ad esse collegato. Non voglio aggiungere altro per non rovinare il gusto della lettura del manuale a chi fosse interessato (anche perché a forza di scrivere rischio di beccarmi un richiamo dalla Paizo per la quantità di materiale originale che stò mettendo in questa recensione!).

La creatura che chiude il capitolo è la Tear of Nuruu’gal (Lacrima di Nuruu’gal), una progenie del “dio” che vive nel tempio. Si tratta di una specie di protoplasma circondato da lingue di fiamma con sorprendenti capacità simbiotiche. E’ molto pericolosa nonostante le ridotte dimensioni.

Tumen
La perduta città di Tumen è il frutto del sudore e del sangue di molti schiavi che hanno perso la vita per esaudire il desiderio dei grandi faraoni che regnarono su Osirion.
Non molto distante dal promontorio di Burning Cape, ad est nelle terre di Osirion, Tumen era una provocazione agli stessi dei. I quattro faraoni artefici del progetto pretesero che un’intera parete verticale fungesse da nuova capitale per il loro regno. Ciascuno di essi creò secondo il proprio gusto una delle terrazze che sporgevano da questa erta parete della montagna, dando vita quindi a quattro terrazze connesse tra loro attraverso tunnel scavati nel sottosuolo.
La città fu edificata con grande maestria, tanto che vista dal pianoro desertico sembrava un occhio ciclopico che volgeva la sua attenzione verso il basso.
Dell’immensità e dell’arroganza di questa città oggi restano solo delle macerie ricoperte dalla sabbia immemore del deserto.
Tranne alcune rare eccezioni, sono visibili solo le fondamenta delle case e dei palazzi. La conformazione di Heavenscape (la parete verticale scelta dai faraoni per questo ambizioso progetto) e i capricciosi venti che soffiano nella zona ricoprono periodicamente le rovine per intero, riempiendo di sabbia tutta la montagna fino alla vetta.
La città, così com’è sorta, è rapidamente decaduta. Sembra che la morte dei faraoni fece venire meno una magia che permetteva alla città stessa di esistere: venne a mancare l’acqua. Gradualmente la popolazione abbandonò Tumen, lasciandola al suo lento e costante disfacimento.

Tra i tunnel che collegano le varie piattaforme sono sempre vissuti gli antenati degli schiavi che contribuirono alla costruzione di Tumen, conosciuti come gli Intagliatori (carvesman), in contrapposizione alla misteriosa Voce e ai suoi seguaci.
Poco si conosce sia degli uni che degli altri, ad eccezione del fatto che sia rimasto ben poco di umano in essi.
Gli occupanti più recenti del complesso architettonico sono gli appartenenti ad un culto cabalistico che vuole ritrovare un antico manufatto basandosi sulle conoscenze di uno dei faraoni deceduti.

Gli spunti per avventurarsi nel deserto di sicuro non mancano: il viaggio stesso attraverso le lande infuocate per raggiungere Heavenscape può essere un’ordalia che rischia di mettere a dura prova gli avventurieri meno esperti.
Una volta raggiunte le rovine, questi giovani eroi possono iniziare a conoscere i segreti di ciò che giace sepolto nella sabbia, e tastare con mano le prime difficoltà prima di addentrarsi nei cunicoli che collegano le varie terrazze.
Una volta familiarizzato con i resti di Tumen, gli avventurieri possono scavare più a fondo tra i segreti sepolti sotto la sabbia del deserto, cercando magari le tombe dei quattro architetti artefici di questo folle progetto. Tra antiche creature riportate in vita e scontri con i cultisti non si corre certo il rischio di annoiarsi.
L’ultima sfida per gli eroi ormai abituatisi alle insidie della città nel deserto è rappresentata dalla ricerca di un antico e potente manufatto che in mani sbagliate potrebbe addirittura sconvolgere l’equilibrio tra le nazioni asservendole ad un’unica entità malevola.

Le tabelle degli incontri propongono, tra gli altri, gnoll, mummie, basilischi, chimere, meduse, behir, fenici, scorpioni neri e l’immancabile drago antico (stavolta di un bel blu cobalto).
L’elemento caratteristico scelto per Tumen è l’Aqualint, un manufatto di grande potere che la capacità di generare l’acqua necessaria al sostentamento di Tumen. D’altra parte, l’entità che risiede in questa statua è dotata di una volontà propria in grado di eliminare chiunque sia così sfortunato da gettare uno sguardo in una delle polle generate dall’Aqualint e da esso “abitate”.

La creatura che chiude il capitolo è il leader del culto dell’Ultimo Teorema: Theorex Khai detto l’Enumeratore.
Un umano di grande intelligenza ossessionato dalle scoperte del Faraone dei Numeri (uno dei quattro artefici di Tumen). Grazie a queste scoperte vuol far tornare Osirion agli antichi splendori e poore termine all’era barbara ed edonistica nella quale è costretto a vivere.

Xin-Shalast
Le ultime rovine affrontate da Lost Cities of Golarion dovrebbero essere già note alla maggior parte di chi usa regolarmente Pathfinder.
Si tratta infatti di Xin-Shalast, già incontrate nell’ultima parte dell’adventure path Rise of the Runelord.
Abbarbicata tra le vette ghiacciate dei Monti Kodar, questa città venne fondata oltre 10.000 anni fa all’apice della gloria dell’Impero Thassiloniano, ed era una delle 7 città principali governate dagli spietati e crudeli Signori delle Rune.
Edificata da schiavi reclutati da lamia e giganti, arrivò a contare una popolazione di oltre 250.000 abitanti. La caduta della città avvenne grazie all’Earthfall, un tremendo cataclisma che spazzò via Thassilon e costrinse alla fuga i signori delle rune, abbandonando le città e gli abitanti al loro fato.
Gli squassamenti dovuti a valanghe ed eruzioni vulcaniche frammentarono Xin –Shalast, riducendone in cenere interi quartieri.
La seconda venut di Karzoug, reggente della città e signore delle rune ritiratosi in un semipiano per evitare la marte durante l’Earthfall, provocò un’ulteriore frattura tra la popolazione rimasta tra le rovine di Xin-Shalast che si risolse in una faida sanguinosa combattuta strada per strada e casa per casa.
Recentemente il fermento tra i picchi innevati a tolto il velo che celava la città agli occhi del mondo. Le leggende sulle ricchezze contenute nei forzieri delle antiche sale ha ripreso vigore, spingendo gruppi di avventurieri sempre più numerosi a tentare la fortuna tra le cime gelide e i pinnacoli innevati di Xin-Shalast.
Chi si avvicina oggi alla perduta città non può che rimanere stupito dalle dimensioni ciclopiche delle innumerevoli torri e guglie, dalle pareti metalliche dei muri e dalle strade lastricate d’oro.
Tutto sommato, la città non è in rovina quanto potesse sembrare ascoltando le leggende narrate davanti al focolare delle taverne. Di sicuro sgomentano le dimensioni, pensate per giganti e completamente aliene normale visione degli uomini.

Tra i ghiacci che circondano Xin-Shalast si possono trovare giganti, umanoidi corrotti dall’avarizia, lamia, e altri orrori nascosti che scivolano da un’ombra all’altra.

Le campagne a Xin-Shalast vengono fatte partire dopo gli eventi occorsi nell’adventure path Rise of the Runelord.
In questo modo i master hanno mano libera nella gestione dell’area senza dover sottostare a restrittivi canoni per rispettare la coerenza con il materiale già pubblicato dalla Paizo.
Per i personaggi di fascia bassa l’avventura comincia negli altipiani alle pendici dei monti Kodar. Qui si formano spedizioni che necessitano di eroi coraggiosi per aiutare i coloni ad insediarsi nella regione.
Una volta raggiunto un livello d’esperienza medio, gli eroi potrebbero cominciare a maturare l’idea di liberare la città dagli orrori che ancora la popolano, spingendosi nei distretti più elevati e radicandosi all’interno dell’area urbana vera e propria. Finalmente, si fa per dire, gli avventurieri si trovano al centro degli scontri per il controllo di Xin-Shalast, e devono destreggiarsi tra fazioni avversarie e condizioni climatiche avverse per riuscire ad affermarsi.
Arrivati ai livelli più alti, i PG possono affrontare senza problemi qualsiasi area della città, compreso il Pinnacolo dell’Avarizia, ultimo bastione della fortezza di Karzoug.
Il consolidamento della presa sulla città, l’allargamento degli insediamenti per i coloni e una ricerca più approfondita nel Massiccio di Mhar potrebbero essere motivi più che sufficienti per tenere i propri giocatori impegnati per mesi in una campagna avvincente e spettacolare.

Le tabelle per gli incontri propongono molte creature da incontrare, tra le quali ci sono mephit del ghiaccio, ogre, yeti, orsi polari, remorhaz, xorn, giganti di vario tipo, lamia, e un drago bianco antico (tanto per gradire. Ormai i draghi sono come il prezzemolo: li si trova ovunque!).

L’elemento caratteristico scelto per Xin-Shalast è il Plaeau of Leng, uno strano semipiano d’esistenza totalmente alieno che il signore delle rune aveva posto come guardia alla strada d’ingresso per Xin-Shalast riparandola alla vista mediante uno strappo nel tessuto stesso dell’esistenza.

Infine, la creatura che chiude capitolo (e libro) è Graithzog Ebonrunes, un gigante delle rune, tanto brutto quanto cattivo (valore in punti esperienza: 204.800).
Questo gigante mira ad occupare il posto lasciato vacante dal precedente signore della città. Dotato di un forte carisma, è stato in grado di costruire saldi legami con altri gruppi di potere di Xin-Shalast. Inoltre, non uccide su due piedi gli esploratori provenienti dalle regioni meridionali di Varisia. Anzi, pesa attentamente tutte le opzioni che gli si presentano, anche se difficilmente può essere definito un valido e fedele alleato.

Conclusioni
Bello! Un manuale che si lascia leggere tutto d’un fiato.
Nella recensione ho volutamente omesso i riferimenti ai luoghi di interesse presenti per ogni città (mai meno di 5 luoghi ben descritti per ogni capitolo) e ai numerosi riquadri in cui si trovano ulteriori informazioni (leggende, canzoni, poesie, ecc.) perché altrimenti sarebbe stato impossibile restare sul vago senza rovinare il piacere che la lettura di questo manuale riesce a rendere.
Il materiale è di ottima qualità, con riferimenti ad altri manuali Paizo (Rise of the Runelord, Osirion, Entombed with Pharaons) grazie ai quali si possono approfondire le conoscenze a cui si è interessati e creare un substrato narrativo unico e ricco nel quale ambientare le proprie campagne.
Le città soddisfano un po’ tutti i palati: dalle piramidi e le atmosfere egizie alle inquietanti creature Chtuloidi, dagli ambienti artici ai grandi regni sotterrannei, dalle paludi alle giungle.
Chi gioca da anni non può fare a meno di ritrovare suggestioni provenienti dal passato (Menzoberranzan, Myth Drannor, L’isola del Terrore, La Città Perduta) che rendono ancor più piacevole la lettura, creando un suggestivo mix tra nuovo e conosciuto, tra familiare e inesplorato.
I creativi Paizo hanno lavorato molto abilmente sull’effetto nostalgia (non dimentichiamo che gran parte dei giocatori di Pathfinder proviene da Dungeons & Dragons), riuscendo a confezionare un manuale che non stanca.
Le mappe, mai citate prima, sono ben fatte, tutte a colori e di notevole impatto visivo.
Qualcuno avrebbe preferito magari delle opzioni per usare al volo le ambientazioni. Io personalmente trovo questo tipo di manuale davvero eccellente: il master ha in mano tutti gli elementi per creare la propria storia in grande libertà, pur rimanendo molto fedele ai canoni previsti dagli autori.
Gli spunti e i canovacci proposti sono ben fatti e perfettamente funzionali al setting (a questo proposito consiglio di leggere Lost Cities of Golarion dopo aver letto The Inner Sea World Guide). Con un minimo sforzo si possono creare interi adventure paths da ambientare in ciascuna città. La proposta di avventure divise per le 3 fasce di livello serve proprio per questo a mio avviso.
Chi non dovrebbe leggere questo manuale? Bhè, chi cerca nuove meccaniche, nuovi talenti, nuove classi. Non troverà assolutamente nulla di questo. Si tratta di un volume indirizzato ai master che hanno una propensione particolare ad arricchire le proprie campagne, o, viceversa, a quei master che sono cronicamente a corto di idee e necessitano solo di qualche spintarella per poi camminare con le proprie gambe senza difficoltà.

Voto
9
Graziano "firwood" Girelli http://www.webalice.it/graziano.girelli/
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