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[Recensione] Il ragazzo invisibile (film 2014)

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[Recensione] Il ragazzo invisibile (film 2014)

Messaggioda Luskark » gio dic 25, 2014 12:36 pm

Regia: Gabriele Salvatores
Cast: Ludovico Girardello, Noa Zatta, Valeria Golino, Christo Jivkov, Fabrizio Bentivoglio
Genere: A sè, Fantascientifico, Supereroistico?, Fantasy?
Produzione: Indigo films, Rai inema, Babe Film, Element Pictures
Data di uscita italiana: 18 dicembre 2014
Durata: 1,40 ore
Nazione: Italia


E’ stato presentato come un fantasy supereroistico che potesse lanciare il genere in Italia, affidandosi alla regia del premio oscar Gabriele Salvatores. Che non fosse esattamente fantasy come noi tendiamo ad intenderlo, nonostante appaia come genere in molti siti, era chiaro fin dai secondi trailer, dal momento che i primi, creati solo di una dissolvenza del titolo, pur essendo perfettamente adatti per catturare l’attenzione, non lasciavano intravedere molte informazioni sulla pellicola. Ciò che invece non ci si poteva aspettare è che Il ragazzo invisibile non solo non è pienamente un film fantasy, ma non è in realtà neanche pienamente un film supereroistico.


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La trama, riassunta in due parole, scorre secondo un canone banale perfettamente collaudato. Il protagonista è un ragazzo qualunque, acquisisce i superpoteri, li usa a suo modo, decide di applicarli in qualche causa più grande, appaiono degli antagonisti (tra l’altro in vecchio stampo sovietico), il tutto condito dalla presenza di una ragazza e dell’utilizzo dei superpoteri anche per conquistarla. Fin qui nulla di nuovo dai tempi in cui Stan Lee scoprì che (sorpresa delle sorprese) agli adolescenti sarebbe potuto piacere leggere le avventure di un supereroe coetaneo che condividesse gli stessi problemi del suo pubblico di riferimento. Così come poco di nuovo è accaduto nel panorama supereroistico dai tempi di Watchmen e quindi, per chi si aspettava una trama rivoluzionaria che riscrivesse il genere uscirà dal cinema deluso.

Tuttavia, come in molti generi, la novità non è da ricercarsi nella trama in sé, limitata per sua natura, ma nello spirito e nella gestione con cui viene espressa. Ci si intenda: la Marvel produce attualmente successi di pubblico e di critica che a livello di trama non fanno altro che riutilizzare spesso in buona parte schemi inalterati dagli anni ’60. Ciò che ha costruito il successo di questi film da Iron Man in poi non è stata tanto una rivoluzione del genere a livello di storie (che sono insensate tanto quanto prima), ma la capacità di comprendere che gestire tali film con un tono molto autoironico, un buon ritmo e pochissima serietà d’impostazione era un’ottima strada per costruire degli eccellenti film di intrattenimento.


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Così il Ragazzo Invisibile cita Spiderman, cita Batman, cita gli X-men e cita molto altro, ma lo spirito con cui è animato più che alle due trilogie di Spiderman sembra vicino all’anomalo horror svedese Lasciami entrare, fin nella fisionomia di alcuni personaggi (Michele somiglia molto ad Oscar così come Brando somiglia molto a Conny). Con questo non si vuol dire che Il ragazzo invisibile sia un horror, ma un film che ha la sua particolarità nel costituire quasi un genere a sé.

Non dunque un supereroistico italiano che sfidi i supereroistici americani sul loro stesso territorio ma un qualcos’altro che sarebbe sbagliato sia valutare secondo i parametri dei film supereroistici sia secondo i parametri di molti altri generi a cui si richiama. E non è forse un caso che un film legato a così tanti influssi di tanti paesi sia ambientato a Trieste, luogo di incroci culturali per eccellenza all’inizio del ‘900.


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Così i protagonisti sono più giovani, e al posto di essere dei ventenni che si fingono sedicenni senza ingannare nessuno sono veri e propri tredicenni con tutti i problemi correlati.

La stessa tematica dell’invisibilità viene legata ad un gioco sull’apparire-sparire in cui il protagonista diventa curiosamente più visibile proprio grazie al suo sparire. Magistrale in questo senso una scena in cui viene inquadrato in oggettiva invisibile agli altri ma visibile al pubblico in sala completamente nudo sulle scale della scuola. Ogni gestione dell’invisibilità infatti punta a concentrare l’occhio dello spettatore sul personaggio invisibile, reso visibile al pubblico grazie a trucchi grafici, ad esempio la semitrasparenza, cosa che essendo assai innaturale diventa facile calamita per gli occhi dello spettatore. Così in una sequenza il protagonista Michele cammina nudo sulle scale, invisibile a tutti gli altri personaggi nel momento in cui per il pubblico che lo guarda è più evidente che mai.

Un poscritto: per chi temeva che il potere dell’invisibilità fosse poco per reggere un film da solo sappia che sarà mostrato anche altro e che non sarà affatto male. Alla Donna Invisibile servirono le proteste dei lettori sulla sua inutilità per far sì che Stan Lee si inventasse come poteri aggiuntivi dei “muri di invisibilità”… ma cinquant’anni sono passati da allora e la lezione a qualcosa è servita.


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Se vi aspettate solo scene di questo tipo... sappiate che c'è molto altro.



Detto questo il film ha due principali difetti.

In primo luogo la ricerca di un pubblico di riferimento adatto. Si tratta infatti di un film d’autore proposto come film per un pubblico di massa, ma è troppo serio per piacere ai bambini e tutt’altro che cinema d’intrattenimento (nonostante la trama di base lo ricalchi) per piacere al pubblico base dei film Marvel. Se non fosse stato presentato con una così forte campagna pubblicitaria avrebbe incuriosito alcuni e forse si sarebbe diffuso grazie ad un passaparola. Ma dopo tanti mesi di trailer le aspettative sono già state costruite e la sensazione di tutti è diventata “non capisco se sia un capolavoro o una schifezza” (più orientata sulla seconda possibilità). A dargli ulteriori problemi saranno gli appassionati di fumetto supereroistico che lo valuteranno come un supereroistico e quindi lo attaccheranno senza tregua . A ciò si aggiungerà il peccato ulteriore d’essere italiano, che tra gli appassionati dei generi coinvolti porterà tutti a pensare a come ciascuno l’avrebbe fatto di suo, pensando che se gli avessero dato un budget l’avrebbe fatto molto meglio. La presenza di un regista premio oscar stimola ulteriormente a pensar di sparare a zero sull’operazione.

In secondo luogo la data d’uscita. Fosse uscito il 10 dicembre avrebbe avuto poca concorrenza con cui fare i conti, ma dopo un mese di quasi totale vuoto deve fare i conti con Lo Hobbit 3, Big Hero 6, un film di Aldo, Giovanni e Giacomo, un cinepanettone e chi più ne ha più ne metta. E nella condizione di un film di cui è difficile capir se piacerà o meno guardando i trailer il rischio di decider che non valga la pena rischiare con così tanti film più sicuri in campo per lui è alto.
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