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[Recensione] Exodus - Dei e re

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[Recensione] Exodus - Dei e re

Messaggioda Luskark » mer feb 25, 2015 10:28 pm

Regia: Ridley Scott
Cast: Christian Bale, Isaac Andrews, Marìa Valverde, Ben Kingsley, John Turturro, Joel Edgerton
Genere: Biblico, Mitologico, Azione
Produzione: Millennium Films
Data di uscita italiana: 15 gennaio 2015
Durata: 1,30 ore
Nazione: USA, UK, Spagna

Non si può pretendere, andando al cinema, di vedere un film profondo tratto dai racconti dell’Antico Testamento. L’Antico Testamento viene infatti preso, ormai da molti anni, come pretesto per costruire dei kolossal che lo sfruttano allo stesso modo in cui vengono utilizzati i ben più complessi e interessanti cicli omerici o mitologici. Per farne dei kolossal.

Conseguentemente la pretesa di uno spettatore andando a vedere Exodus non è certo quella di ottenere una chiave di lettura per comprendere la rivelazione o gli aspetti più interessanti del testo (a seconda della propria fede di riferimento) ma quella di vedere un buon “fantasy” mitologico raccontato solo in chiave diversa. Il problema di Exodus non è quello di non essere un buon film sulla Bibbia, perché se lo fosse stato sarebbe stata ragione di eccellenza rispetto alle aspettative. Il suo problema è di non riuscire ad essere un buon kolossal in generale.

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Ridley Scott è un regista operaio. Pur di fare film tende infatti ad accettare tutto ciò che gli viene passato indipendentemente dalla sceneggiatura. Il che vuol dire che vi sono molti film dall’ottima regia pur essendo comunque pessimi film, che attraggono spettatori solo in virtù del nome del regista. Per proporlo al pubblico come “film di Ridley Scott” si tende a richiamare la struttura di un film riuscito compiuto da Ridley Scott, e a riproporne alcuni caratteri, sperando che funzionino nuovamente.

Così, in maniera ancora più pedissequa di quanto non fosse successo in Robin Hood, Exodus richiama il Gladiatore. Mosè/Massimo è figlio adottivo del saggio e vecchio faraone, più che mai simile a Marco Aurelio, ma insidiato da un Ramses “fratello” geloso reso quanto più Commodo possibile. Il vecchio faraone è tanto saggio quanto ingenuo, visto che sembra quasi non sapere come vengono trattati i suoi schiavi, e sarebbe quasi tentato di lasciare il trono a Mosè. Non è qui chiaro se Ramses sia colpevole o meno della morte del padre (vi sono solo alcuni accenni a certe passioni per i veleni) ma il risultato è pressochè identico. Solo che non è questo il Ramses a cui eravamo stati abituati, e tale interpretazione risulta sullo schermo come un pugno nell’occhio. Al posto dell’inflessibile e maestoso re che si vedeva nei colossal dei tempi lontani, ma anche solo nei film d’animazione di quelli più recenti, sulla scena si agita un bamboccio viziato convinto di non essere stato mai amato, che sarebbe più adatto a sedersi su un divano a masticare un chewing-gum davanti alla tv piuttosto che a governare l’Egitto. Un faraone così poco divino da dover giocare personalmente al poliziotto cattivo con una schiava ed essere quasi costretto ad amputarla personalmente: più un capobanda di quattro persone che il signore assoluto di un territorio vasto e potente!

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L'ennesimo re malato d'amore paterno...

In Exodus – dei e re, a dispetto del titolo, ci sono un solo dio e un solo re. Che il re rischiasse di risultare poco credibile poteva essere possibile, ma che il versante divino fosse reso ancora peggio è una sorpresa non da poco. Il roveto non parla. “Dio” si manifesta direttamente in forma umana per parlare con Mosè, ma non ha nulla della potenza e della grandezza che ispiravano le vecchie raffigurazioni. Si tratta infatti di un bambinetto spocchioso e rompiscatole, capace solo di alzare la voce, di fare commentini sarcastici, di vantarsi di sé stesso e di insultare tutti gli altri. Piuttosto che avere a che fare con una divinità sembra di star vedendo sullo schermo uno degli antagonisti dei vecchi episodi di Star Trek. Sperando che tra poco arrivi mamma aliena a dargli uno scappellotto e a dirgli di smetterla di giocare con gli umani solo perché ha giocattoli di una tecnologia superiore, rivelandosi quanto di più “umano” e infantile possibile.

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Questo film ha bisogno di un dio più... "divino"...

Nulla di cui stupirsi, a questo punto, nel vedere un Mosè ateo. In linea col Perseo del remake di Scontro tra titani (e non con quello dell’originale), e con l’Achille del malfamato Troy, deve a tutti i costi non credere negli dei, in una formula pesantemente distruttiva per ogni possibile fruizione del materiale che si prende in analisi. A cosa serve infatti introdurre discorsi nostrani e domande di fede a sproposito se il prodotto che si maneggia servirebbe, non a caso, a intrattenere semplicemente?

Massimo mostrava un affetto paterno con la propria casa, un bel rapporto con la moglie, capace di commuovere, anche se non veniva quasi mostrato. La storia d’amore tra Robin Hood e Marian aveva dei tratti interessanti. L’amore tra Mosè e Zipora risulta in un utilizzo totalmente negativo di entrambi i personaggi, in una relazione inesistente, nonostante i minuti di pellicola non manchino.

Il Robin Hood di Ridley Scott non usava l’arco, usava la spada, come Massimo. Il Mosè di Ridley Scott non usa il bastone, usa l’arco che avrebbe dovuto usare Robin Hood. Il prossimo personaggio userà forse il bastone, in questo film assente.

E usa l’arco perché il bambinetto antipatico di cui sopra non ha bisogno di un profeta, ma ha bisogno di un generale, che addestri le truppe, che guidi gli assalti ai capanni e che fiacchi le resistenze egiziane guidando una rivoluzione. Che però dura solo pochi minuti, perché il bambino è impaziente, non è contento e non si soddisfa. Vuole risultati più immediati e sconfortato dall’inutilità di Mosè.

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Mosin Hood?

Il razionalismo di cui sopra è deleterio per la fruizione del film stesso, anche nella resa di miracoli e piaghe. La negazione degli aspetti “magici” del racconto di partenza porta a non far parlare i roveti, a non trasformare i bastoni (inesistenti) in serpenti, a non trasformare le acque del Nilo in sangue (diventa rosso a causa della violenza dei coccodrilli) e, soprattutto, a non far aprire le acque del Mar Rosso, che si ritirano per bassa marea. Si richiudono con un po’ più di fragore, ma con uno tsunami che ci mette così tanto a giungere a destinazione da consentire allo spettatore di addormentarsi nell’attesa.

Dal punto di vista delle sceneggiature è evidente il forte contrasto tra alcuni ambienti più dettagliati e altri, messi quasi a caso. Ne è un buon esempio il capanno preso d’assalto dai commando rivoluzionari mosaici, dotato di tegole e del tutto simile a molti edifici, tutt’altro che egizi e tutt’altro che antichi, ben presenti forse anche non troppo lontano da casa vostra.

A che serve dunque girare un kolossal privo della potenza, dell’imponenza, della magnificenza degli ambienti e più povero addirittura sotto l’aspetto degli effetti speciali, rispetto a quello che facevano con lo stesso materiale negli anni ‘60?
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