Il 5°Clone



I giorni del Maelstrom - Parte 3 - Un incontro inaspettato

Un incontro inaspettato
 
Avevano lasciato la radura ormai da due giorni, Alexander aveva tracciato generiche tappe basandosi sulle mappe della foresta che possedeva al tempio e su altre mappe ricevute in dono dagli occasionali forestieri, la direzione da seguire gli era stata indicata dalla sua visione, doveva avere fede in Tarkus, il suo Dio avrebbe protetto i loro passi.
 
Grifis precedeva il gruppo di una trentina di metri nascondendosi fra gli alberi, in modo da intercettare eventuali pericoli, il ranger si sentiva un peso nel cuore vedendo che si allontanavano sempre di più dalla città elfica, ma i suoi sensi rimanevano all’erta per la sicurezza dei suoi amici.
 
Un rumore di passi strascicati e di rami spezzati attirò l’attenzione del ranger, facendo un fischio che sembrava quello di un uccello tipico della radura, il mezzo-drago avvertì i suoi compagni della presenza sconosciuta.
 
Il gruppo si fermò dove si trovava ben attento a non fare nessun rumore, nonostante la stazza ancora più imponente del fratello anche Uriel non aveva difficoltà a nascondersi nella vegetazione e così fecero anche Auron e Alexander.
 
Facendo affidamento sul suo udito finissimo Grifis cominciò a seguire gli strani rumori per intercettare ciò che gli stava venendo incontro.
 
D’un tratto non sentì più nulla, e si fermò dietro un albero, qualunque cosa fosse doveva aver percepito la presenza del ranger. La cosa preoccupò non poco Grifis, che strinse l’elsa della sua spada in gesto scaramantico.
 
Una freccia si piantò sull’albero dov’era nascosto, a pochi cm dalla testa del mezzo-drago.
 
Grifis si buttò a terra con una capriola e afferrò l’arco dietro la sua schiena, aveva individuato il nemico, incoccò una freccia e si fermò in ginocchio con l’arco teso davanti al suo avversario, anch’esso in ginocchio con l’arco teso a meno di sei metri da lui.
 
Grifis rimase fermo puntando lo sconosciuto, o meglio, la sconosciuta. Una donna, un’umana, il corpo mostrava varie ferite e bruciature, dovevano fare ancora un gran male ma lei non sembrava farci caso, lo sguardo perfettamente concentrato rimaneva fisso sul ranger senza mostrare la minima paura, nonostante Grifis non fosse certo qualcosa che si incontra tutti i giorni.
La ragazza mostrava una muscolatura perfetta ed allenata, era una guerriera senza dubbio, sulla sua schiena esibiva un enorme spada che persino Grifis non avrebbe potuto brandire se non con entrambe le mani.
 
Grifis si chiese se c’era qualcun altro con lei che magari lo stava sorprendendo alle spalle, ma il suo udito non percepiva nessun’altro. La donna era sola, ferita, in mezzo alla foresta.
 
Il ranger abbassò lentamente l’arco sempre rimanendo guardingo e cercò di esprimersi come meglio poteva nella lingua comune.
“Non voglio farti del male, abbassa l’arco, non sono tuo nemico, sono Grifis della Radura e proteggo questa foresta.”
 
La ragazza non si mosse ne rispose rimanendo ferma con l’arco puntato verso il ranger, uno sguardo determinato faceva intendere che non era disposta ad abbassare la guardia in nessun caso, Grifis pos lentamente l’arco a terra ed alzò le mani in segno di resa.
 
“Non fare sciocchezze, ti ripeto che sono tuo amico.” continuò il mezzo-drago “.. e non sono da solo.”
Non fece in tempo a finire quella frase che Uriel sbucò dal nulla alle spalle della ragazza togliendole l’arma di mano e intrappolandola in una stretta immobilizzante. L’indomita guerriera cominciò a scalciare come una furia ma la forza del monaco non le permetteva di liberarsi, Grifis continuava a ripeterle che non correva pericolo, ma sembrava inutile, fino a quando una mano bianca e forte non le cinse la spalla.
Il semplice tocco di Alexander sembrò acquietare le energie della donna, che finalmente reagì con sorpresa vedendo un uomo che sembrava l’immagine stessa di un dio.
 
“Non corri pericolo fra noi..” disse l’angelica voce del celestiale, il suono stesso delle parole del sacerdote ebbero l’effetto di strapare un piccolo sussulto alla ragazza che finalmente sembrò scuotersi dalla sua trance marziale.. e perse i sensi sfinita dalla stanchezza.
 
Il fuoco da campo fu la prima cose che vide quando riaprì gli occhi, le sue ferite erano state curate e non gli dolevano più. Vicino al fuoco due  figure erano impegnate a preparare la cena che sembrava, dall’odore, essere un ottimo stufato di verdure in un calderone fumante e un paio di conigli alla spiedo. Non riconobbe le due figure accanto al fuoco, una sembrava il guerriero che le aveva puntato l’arco prima che perdesse i sensi, ma era più alto, senza armatura e i suoi lineamenti differivano da come li ricordava, l’altro pensò essere l’angelo che le aveva parlato, in quel momento aveva creduto che fosse morta e che gli spiriti del cielo avessero reclamato la sua anima, ma lei si trovava ancora nella foresta e si sentiva tutt’altro che morta, in ogni caso, sebbene avesse le ali piumate, quella figura accanto al fuoco sembrava più un elfo che un dio.
 
Fu proprio Auron ad accorgersi del risveglio della donna, l’elfo celestiale sorrise e si avvicinò con una scodella di legno colma di stufato.
 
“Bentornata fra noi.” esordì il mago “..mangia pure quanto vuoi, devi rimetterti in forze, se vuoi proseguire il tuo cammino. Il mio nome è Auron figlio di Alatar, questa foresta è la mia casa. Posso conoscere il tuo nome, leggiadra fanciulla?”
 
La donna si guardò intorno lentamente prendendo nota del campo, e cercando il suo equipaggiamento, si trovava vicino al fuoco, troppo lontano da raggiungere e poi c’era l’altro tizio che a giudicare dalla stazza poteva tranquillamente sopraffarla a mani nude.
 
Si girò quindi verso il mezzo-celestiale alzando un sopracciglio. “Leggiadra fanciulla? E’ evidente che non hai mai visto Thara della tribù dell’Orso Grigio combattere, Auron figlio di Alatar!” disse la donna  in tono tagliente.
 
Dal fuoco una risatina soffocata fece sbuffare il mezzo-celestiale che si girò verso Uriel con aria accigliata, “Molto divertente, monaco! Mi ricorderò di preparare solo coniglio la prossima volta.”
 
Il mezzo-drago si alzò in piedi e si avvicinò sorridendo e portando con se l’equipaggiamento di Thara, lo poggiò a terra vicino alla donna, che sembrò d’un tratto irrigidirsi, e attirandosi l’occhiata ammonitrice di Auron.
 
“Perdona il mio compagno, che non ha rispettato il tuo ruolo di guerriera, il suo mondo lo porta lontano dalle armi, non voleva quindi recarti offesa.” disse il monaco con voce forte.
 
“Il mio nome è Uriel della Radura, ben accolta nel nostro campo Thara della tribù dell’Orso Grigio. Sei nostra ospite fin quando lo desideri, permettici di onorare la tue gente dandoti cibo e riposo.”
 
Thara si rilassò visibilmente sentendo quelle parole, la strana creatura aveva un animo nobile e soprattutto un’astuzia fine, Thara si rese conto di essere stata messa in un vicolo cieco, tentare la fuga o aggredire i suoi due ospiti adesso sarebbe stata un enorme offesa verso la sua gente e il suo onore, era ospite non prigioniera. Quella stessa frase gli ricordò però anche il motivo per cui si trovava in quella foresta.
 
Il suo volto si fece scuro e rivide il suo villaggio, la sua terra che veniva devastata dal fuoco e dalla morte, la sua gente che combatteva con coraggio una battaglia che non potevano vincere. Il suo clan sgominato costretto a fuggire.
 
“Potrai onorare solo la memoria della mia gente..” disse Thara con un filo di voce “..loro, la mia patria, non esistono più.”
 
Mentre la guerriera pronunciava quelle tristi parole altre due ben note figure si avvicinavano al campo portando con loro legna da ardere e un paio di fagiani selvatici.
Thara riconobbe immediatamente i due in arrivo, il guerriero che l’aveva trovata nella foresta e soprattutto quell’uomo, quella creatura angelica che infondeva pace e sicurezza in lei. Vedendolo nuovamente gli sembrò d’un tratto di essere piccola è indifesa, e strinse a se la coperta di pelliccia in un gesto istintivo.
 
Uriel però, la destò dal suo improvviso stato d’animo riprendendo il discorso interrotto.
 
“Cosa è successo alla tua gente, quale calamità vi ha travolti?” disse il monaco con evidente preoccupazione, Alexander e Grifis si sedettero vicino ai loro compagni in tempo per ascoltare la risposta alla domanda del mezzo-drago.
 
“La tribù dell’Orso Grigio vantava guerrieri indomiti è valorosi..” riprese la donna
“..le nostre spade hanno sempre difeso i nostri confini da qualunque nemico, sia che esso fosse un esercito o sporadici gruppi di creature sanguinarie.
Ma il valore in battaglia non è stato sufficiente a salvarci contro forze che non pensavamo nemmeno che esistessero..” la voce della barbara tremò al ricordo di quegli angosciosi momenti.
 
“Prima arrivò il vento, una brezza leggera che aumentò a dismisura in pochi attimi, turbini d’aria ci sorpresero in pieno giorno come una tempesta improvvisa. Poi li vidimo, in cielo, volavano in cerchio, formando un anello che girava incessantemente. Non capivamo cos’erano ne da dove venissero, ma più si avvicinavano a noi più il vento aumentava impedendoci ogni mossa, le frecce erano inutili, spazzate via dai turbini.
L’anello arrestò la sua corsa sopra il nostro villaggio, nonostante il vento, riuscivamo finalmente a vederli.”
 
Thara interruppe un attimo il suo racconto chiudendo gli occhi come per focalizzare quell’immagine, era stampata vivida nella sua mente, un ricordo indelebile.
 
“Erano di pietra..” disse infine la guerriera “..enormi massi scolpiti a forma di lunghe teste.”
 
Espressioni di stupore e incredulità si dipinsero sui volti dei quattro compagni che stavano ascoltando le parole di Thara, nessuno di loro aveva mai sentito parlare di cose del genere, nessuno tranne Uriel, le parole della guerriera lo turbarono enormemente. Auron invece vagliò con la sua mente tutto ciò che aveva letto nei sui preziosi libri, ma non trovò risposte, solo similitudini con altri essere da lui studiati.
 
Thara continuò la sua storia, presa ormai dai suoi ricordi non aveva nemmeno notato le espressioni nei volti di chi l’ascoltava, stava parlando con se stessa ormai, stava rimettendo ordine nei suoi pensieri.
 
“Erano sei, sei teste di pietra dalla orbite vuote ruotavano in cerchio sul nostro villaggio, rimasero li come ad osservarci per parecchi minuti. Alcuni di noi posarono gli archi ed esultarono, quella manifestazione di forza, quel vento impetuoso ci fece immaginare che Kodor, il dio dei venti, il nostro protettore, si era manifestato a noi, suoi figli. Fu un momento di immensa gioia, ma la verità era ben diversa.
 
Le bocche di quelle statue si aprirono come in un urlo, lingue di fiamma e fulmini saettarono contro di noi bruciando le nostre case e i nostri guerrieri, la terra stessa sembrava che si fosse rivoltata contro di noi, muri di pietra si alzavano dal nulla impedendoci qualsiasi ritirata, la terra si apriva ed esplodeva sotto i nostri piedi, non potevamo combattere, non potevamo reagire.
 
Io ed altri cinque miei compagni spronammo i nostri cavalli cercando di superare i muri che ci avevano circondato. La terra esplose sotto di noi, sbalzandoci lontano e ricoprendoci di massi.”
Non so per quanto tempo rimasi svenuta, ma quando ripresi i sensi gli ultimi di noi rimasti erano stati finiti dagli orchetti che stavano depredando ciò che rimaneva del villaggio, ma non erano un trasandato gruppo di razziatori, erano al soldo di un esercito. Il loro capo non era uno di loro, un guerriero su un cavallo nero, forse un demone di quelli più malvagi, aveva un armatura che trasudava oscurità e ali infernali da pipistrello. Le enormi teste di pietra erano scomparse.”
 
“Erano troppo distanti e occupati nella loro razzia per accorgersi di me, l’esplosione mi aveva catapultata al limitare di questa foresta, riuscì a trascinarmi via e a nascondermi quanto bastava per potermi rimettere a camminare. Non so se qualcun’altro dei miei è riuscito a mettersi in salvo, li ho cercati a lungo per la foresta, ma senza risultati, vago ormai da una settimana senza meta.”
 
Rimasero tutti in silenzio per assimilare quelle parole, Thara non riusciva a dire altro, aveva il cuore stretto in una morsa ricordando la fine dei suoi compagni, l’onore dei guerrieri della sua tribù gettato nel fango.
 
Uriel si alzò lentamente e si avvicinò al falò, scostando i carboni ardenti per ravvivarne la fiamma, il luccichio del fuoco si rifletteva sulla sua pelle dorata.
 
“Zero…” sussurrò
 
Tutti si girarono a guardarlo con aria interrogativa, “Cos’hai detto?” gli fece eco Auron alzandosi anche lui.
 
“Zero.” rispose il monaco “Le forze che hanno attaccato il villaggio di questa guerriera appartengono alle truppe di Zero signore di Selenia.”
 
“Cosa sai tu di questa storia!” disse Thara alzandosi di scatto incurante delle sue ferite “Chi è questo Zero di cui parli, cosa conosci di lui!”
 
Il volto di Uriel era coperto di tristezza, vedeva l’odio di Thara crescere, il suo desiderio di vendetta l’avrebbe spinta alla ricerca del suo nemico e ad una sicura morte se gli avesse rivelato tutto ciò che sapeva. Ma il suo onore non gli permetteva di mentire su faccende così importanti, era giusto che lei sapesse la causa delle sue sofferenze.
 
“E’ stato il mio maestro Lao-Ken-Shi a parlarmene varie volte, lui stesso ha visto di persona le teste di pietra che tu hai descritto, prima di arrivare alla Radura di Sandor.”
 
Quella rivelazione colse di sorpresa tutti i presenti, perfino Grifis era la prima volta che sentiva quella storia dal fratello.
 
“Molto tempo fa Lao viveva a Selenia, la sua città era in guerra con un fazione elfica chiamata Supiria, molto a nord da qui.”
 
“Quella guerra ebbe un risvolto improvviso, un elfo oscuro di nome Lyme riuscì a soverchiare l’ordine magico della Torre Conica di Selenia facendo in modo che il suo signore Zero conquistasse la città e ne facesse la sua fortezza per il dominio di tutte le terre.
 
La forza di Zero si manifesta attraverso queste teste di pietra, i Moai, così li ha chiamati il mio maestro, esseri magici dai poteri spaventosi guidati dalla volontà del signore di Selenia.”
 
“Non so altro purtroppo, il maestro me ne parlò per farmi capire che esistono creature da non sottovalutare in questo mondo e poteri di cui non possiamo neanche immaginare la portata. Mai essere sicuri di non avere rivali.”
 
Auron sbuffò sentendo quella lezione di umiltà, secondo il mago, con la dovuta conoscenza niente era impossibile.
 
Un rumore improvviso distolse l’attenzione di Grifis dalla conversazione, il ranger osservò verso la foresta in direzione di ciò che gli era parso di sentire, un respiro, un gracchiante respiro.
 
Senza dire una parola mosse una mano verso i suoi compagni rimanendo con lo sguardo fisso fra gli alberi, rimasero tutti in silenzio ad osservare in direzione del ranger, Thara vide i muscoli di Uriel tendersi in preparazione di un attacco, l’arma della barbara era però a terra a qualche metro da lei.
 
“Forse mi sono sbagliato…” sussurrò il ranger, ma non ebbe il tempo di finire la frase che un nugolo di frecce si abbatté su di loro.
 
“A terraaa!!” gridò il ranger ma fu un suggerimento inutile, i suoi compagni erano già acquattati sul terreno, Thara era saltata verso la sua arma raggiungendola in un lampo. L’unico che rimase nella sua posizione fu Uriel che invece di schivare la freccia diretta a lui, la colpì con il dorso della mano deviandola verso l’albero accanto e prese ad avanzare velocemente verso gli assalitori.
 
“Goblin..” disse il ranger ai compagni rimasti al campo. “riuscite a vederli?”
 
Thara non riusciva a scorgerli in quel buio pesto, l’unica zona illuminata era il loro campo e la luce della luna non era sufficiente per mostrarle cosa c’era fra gli alberi. Ma non era così per gli altri.
 
“Certo che li vedo.” disse con un bieco sorriso Auron indirizzando un dito verso la foresta. Un dardo luminoso e sfolgorante sfrecciò dal dito dell’elfo celestiale colpendo infallibilmente un goblin che si era scorto dal suo albero per scoccare una freccia verso Uriel, il bersaglio più in vista. Il piccoletto si accasciò a terra privo di vita con il petto bruciato e fumante.
 
Altre frecce saettarono dagli alberi, ma le semplici punte d’osso non riuscirono a penetrare la spessa pelle scagliosa del monaco che raggiunse il suo cecchino travolgendolo in una carica devastante. L’enorme pugno del mezzo-drago colpì il goblin che cercava di ripararsi dietro il suo piccolo arco, spezzando il fragile legno e le ossa facciali dell’umanoide.
 
Un ruggito spaventoso colse di sorpresa il gruppo di avventurieri, Uriel fece in tempo a girarsi e a buttarsi a terra prima che l’enorme randello chiodato di un ogre gli fracassasse la testa, andando invece a piantarsi sul tronco d’albero che poco prima proteggeva il goblin.
 
Prendendosi di coraggio per l’arrivo del loro capo i piccoli mostriciattoli si precipitarono a spade sguainate verso il campo, ma si arrestarono impietriti vedendo la luminosa sagoma di un essere angelico volare maestosamente su di loro.
 
“Miserabili creature!!” tuonò Alexander spianando le ali lucenti “Tornate nelle vostre luride tane o la mia ira non risparmierà nessuno di voi!!” la voce del celestiale sembrava una tempesta che si abbatteva sulla loro anime.
Metà dei goblin fuggirono urlando buttando a terra le proprie armi e disperdendosi disordinatamente in mezzo alla foresta. Il corpo stesso di Alexander illuminava tutta la zona impedendo a chiunque di nascondersi.
Non trovandosi più in difetto Thara uscì allo scoperto urlando e imbracciando il suo spadone, come una furia, la barbara colpì un goblin ancora scioccato dallo spettacolo di Alexander tranciandolo letteralmente a metà come fosse un ramo secco.
 
Utilizzando il semplice peso dello spadone la guerriera ruotò tutto su se stessa in un enorme fendente che spazzò via un altro goblin che aveva assistito impotente alla fine del suo compagno. Rimanevano soltanto due goblin.
 
Uriel continuava a schivare i possenti colpi dell’ogre, una randellata di striscio aveva procurato un doloroso livido al braccio del monaco impedendogli di usare tutta la sua forza, in ogni caso il mezzo-drago aveva già messo a segno un paio di colpi ben assestati che stavano facendo sfiancare il nemico che sanguinava copiosamente dal naso.
 
Completamente preso dalla sua furia l’ogre non si accorse della figura furtiva che gli si avvicinava alle spalle, Grifis sbucò dagli alti cespugli sorprendendo il mostro sui fianchi, la lunga spada elfica infilzò la carne del mostro fino a metà lama facendolo ruggire di dolore.
 
Il secondo colpo del ranger però mancò di stretta misura l’essere inferocito che si era girato verso di lui alzando il randello in alto e facendogli perdere l’equilibrio. Uriel approfittò dell’intervento del fratello per colpire con un calcio frontale dritto alle costole dell’ogre incrinandogliene due.
La violenza del colpo mandò l’enorme creature a sbattere a faccia in avanti contro l’albero di fronte, la spada di Grifis mise fine alle sue sofferenze passandolo da parte a parte e incuneandosi fino al tronco d’albero lasciando l’ogre morente abbracciato ad esso.
 
I due goblin rimasti fiancheggiavano Thara, ma la paura e la rabbia impediva a quelle stolte creature di rimanere lucidi nella battaglia, uno di loro si buttò disperatamente in carica verso la barbara ma non riuscì mai a completare la sua corsa, il suo petto scoppiò in uno scintillio di luci azzurre quando un altro dardo magico di Auron lo colpì alla schiena.
 
L’ultimo rimasto rimase immobile a osservare il corpo sfrigolante dell’amico immaginandosi al suo posto, con la mente a quella scena raccapricciante non vide neanche il fendente di Thara che calava su di lui inesorabile, non aveva fatto la stessa fine, ma questo non lo consolava per nulla.  

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