I giorni del Maelstrom - Parte 4 - Il monastero

 

Il monastero

 

“Conosci questo simbolo?” chiese Uriel a Thara mostrandogli un pezzo dell’armatura dell’ogre  decorato con un cerchio il cui interno mostrava un cono rovesciato sormontato dalla lettera Mu.

 

“E’ lo stesso simbolo che portavano i guerrieri che hanno depredato il mio villaggio.” rispose la barbara ringhiando di rabbia.

 

“Probabilmente si tratta di un piccolo gruppo in avanscoperta, stavano controllando la zona, Zero vuole espandere il suo dominio anche su questa foresta.” intervenne Alexander.

 

“Cosa facciamo? Dobbiamo tornare indietro, avvertire e preparare le difese, se le teste di pietra di cui a parlato Thara attaccano la radura non ci sarà scampo per la nostra gente.” Grifis disse quelle parole con un nodo in gola, non poteva sopportare di perdere i suoi più cari amici e soprattutto Lirin.

 

“Tornare indietro è inutile.” disse Auron in tutta calma, “Sappiamo ancora troppo poco ed i nostri sono solo sospetti, dobbiamo continuare la nostra missione, la radura è ben protetta, anche da ranger ben più esperti di te, il nostro appoggio sarebbe marginale in caso di un attacco diretto da parte di questo nemico, rimanendone invece fuori potremmo raccogliere informazioni utili che possono aiutarci a sconfiggere questa minaccia.”

 

“Avete entrambi ragione.” riprese Alexander “Tornare indietro non servirebbe a nulla, ma dobbiamo comunque avvertire la radura del pericolo che può correre.”

 

Detto questo il chierico unì le mani in preghiera è intonò un canto melodioso che sembrava il cinguettio leggiadro degli uccelli in primavera, l’oscurità della notte sembrò attenuarsi mentre una luce misteriosa si avvicinava al gruppo volando fra gli alberi.

 

Una civetta bianca dalle ali luminose raggiunse il chierico volteggiandogli attorno e infine si appollaiò alla spalla del celestiale in perfetta tranquillità.

 

Alexander accarezzò le piume splendenti del rapace e continuò il suo canto che adesso sembrava più un conversare che una vera e propria melodia, poco dopo il volatile notturno spiccò il volo scomparendo nella foresta in direzione della radura elfica.

 

“Domani al più tardi il mio messaggero porterà a conoscenza dei nostri timori gli elfi di Sandor, non dobbiamo temere che rimangano all’oscuro di ciò che gli accade attorno.”

 

Grifis si rilassò sentendo le parole rassicuranti del chierico, tuttavia temeva moltissimo per la sorte della sua amata foresta, la tentazione di tornare indietro era ruggente dentro di lui, ma la promessa fatta a Bahamut sarebbe venuta meno, poteva permettere una cosa del genere? La sua mente nutriva dubbi su ciò che era giusto o sbagliato fare, e si chiedeva come mai tutti gli altri sembravano invece sempre sapere ciò che giusto o sbagliato fosse.

 

Il gruppo riprese a dormire, dopo aver seppellito i corpi degli assalitori e aver recuperato ciò che poteva servire loro per il viaggio. Grifis ritornò al suo turno di guardia con lo sguardo vigile ma il cuore pesante e pieno di timore.

 

*********

 

Il mattino seguente gli  avventurieri ripresero il viaggio verso la loro misteriosa meta, non avendo più una sua tribù ne un posto dove andare Thara decise di seguire i suoi nuovi amici nella loro missione, questo le avrebbe permesso tra l’altro di scoprire di più su questo fantomatico Signore di Selenia, la barbara non avrebbe perdonato quell’assassino, il distruttore del suo villaggio, sarebbe andata a piedi fino alla torre conica di Selenia se fosse stato necessario ma lo avrebbe trovato e distrutto anche a costo della vita.

 

Le giornate passarono silenziose e la foresta sembrava aver ripreso la sua naturale tranquillità, Grifis precedeva sempre il gruppo intento a cercare tracce e indizi su eventuali altri contingenti di Zero in esplorazione, si arrampicò su un grande olmo in modo da avere una visuale più ampia e poter raggiungere i limiti della foresta con il suo infallibile sguardo.

 

Ciò che vide lo lasciò interdetto, a pochi chilometri la foresta si interrompeva, una collina sormontata da una massiccia costruzione si ergeva al limitare della sua visuale, ai piedi della collina la terra terminava e lasciava il posto ad una colossale massa d’acqua luccicante e immota, Grifis non aveva mai visto il mare ed anche se ne aveva spesso sentito parlare, rimase estasiato da quello spettacolo maestoso.

 

Dall’altro lato della collina separato da un boschetto di pini si ergeva un piccolo villaggio, troppo lontano per poter vedere bene la situazione, Grifis scese dall’albero e tornò indietro ad informare i suoi compagni. 

 

“Una costruzione su una collina?” Alexander chiuse gli occhi penetrando con la mente dentro se stesso, nell’oscurità dei suoi pensieri rivide l’immagine che Tarkus gli aveva inviato nei suoi sogni, il monastero che aveva visto grazie alle sue divinazioni si trovava proprio su una piccola collina, era parte della collina stessa scavato alla sua sommità.

 

“E’ il luogo che cerchiamo, presto avremo delle risposte, ma stiamo attenti non sappiamo cosa ci attende su quel colle.”

 

Il gruppo riprese ad avanzare guardingo. Avvicinandosi ai confini della loro foresta l’aria di serenità che sempre aleggiava nel bosco cominciava a venir meno. Un senso di inquietudine ora accompagnava gli avventurieri diretti verso quel monastero ignoto.

Erano passate poche ore dall’avvistamento della collina e Grifis face segno a tutti di fermarsi alzando la mano in totale silenzio, com’era consuetudine quando qualcosa non andava.

 

Il ranger rimase immobile per qualche secondo annusando l’aria attorno a lui, poi si accoccolò piano a terra con l’orecchio al suolo per percepire movimenti lontani.

 

“Qualcosa sta correndo verso di noi.” sussurrò il mezzo-drago “sento zoccoli che battono furiosamente, è una bestia che fugge, forse ferita o forse inseguita, mi pare di avvertire qualcos’altro che corre ma i suoni si confondono, potrei sbagliarmi.”

 

Il gruppo si nascose fra le fronde e sugli alberi sparpagliandosi nelle varie direzioni, Grifis avanzò di qualche metro e si nascose dietro un albero per intercettare per primo la creatura in carica. Poco dopo cominciò a sentire con chiarezza lo scalpitare degli zoccoli e i grugniti agitati dell’animale che si avvicinava rapidamente.

 

“Un cinghiale.., un cinghiale ferito..”  disse piano fra se il ranger, poi avverti gli schiamazzi e le grida delle creature immonde che inseguivano divertite la bestia, un paio di goblin e uno gnoll, un essere umanoide dai tratti canini, bersagliavano di frecce il cinghiale che si faceva strada nella radura sradicando cespugli e rami bassi.

 

Il mezzo-drago era indeciso sul da farsi, evitare quel gruppo di cacciatori era impossibile, stavano correndo dritti verso di loro e se avessero cercato di aggirarli li avrebbero sicuramente visti, impegnare una battaglia d’altro canto avrebbe potuto attirare su di loro l’attenzione di altri goblin, Grifis non era certo sicuro che quei tre fossero gli unici in giro per la foresta.

 

Mentre il ranger rifletteva sulla linea di azione, il cinghiale ferito  sbucò dai cespugli con un enorme balzo e attraversò senza frenarsi la piccola radura dove tutti quanti erano nascosti. Grifis strinse l’elsa della sua spada elfica fra le mani vedendo il gruppetto di inseguitori che entrava anch’esso nel nascondiglio degli avventurieri, per un attimo il mezzo-drago pensò che sarebbe bastato rimanere fermi e far continuare la folle caccia a quelle misere creature, ma quel pensiero fu ben presto accantonato vedendo Thara che si lanciava contro i tre umanoidi gridando come una furia imbracciando il suo enorme spadone.

 

I tre si fermarono di colpo, colti di sorpresa da quella carica rimasero per un attimo congelati dal puro e semplice sguardo d’ira della barbara, tanto che non si accorsero nemmeno dell’enorme figura che gli balzò alle spalle lanciandosi dall’albero vicino.

 

Uriel afferrò lo gnoll con le potenti braccia e gli torse la testa in un violento strattone spezzandogli il collo come fosse un fuscello, il semplice schiocco delle ossa dell’umanoide che si spezzavano sembrò destare i due goblin dal loro torpore facendoli gridare come bestie impazzite e lanciare alla carica verso Thara, allontanandosi dal pericoloso monaco, ma soltanto uno dei due mostriciattoli riuscì ad arrivare in corpo a corpo con la barbara, l’altro goblin si accasciò a terra senza vita dopo che un dardo di energia magica scoccato dalle dita di Auron lo colpì in pieno bruciandogli le carni.

 

Il goblin spinse la sua spada in un affondo che sfiorò la coriacea guerriera provocandogli un leggero taglio sulla coscia, apparentemente insensibile a quel dolore la barbara calò un fendente micidiale sul piccolo goblin sfondandogli la sottile armatura di cuoio e il petto.

 

L’umanoide morente fece solo in tempo a guaire di dolore mentre Thara metteva fine alla sua vita con un potente affondo

 

*********

 

“Tieni alta quella guardia, idiota! Non voglio inetti nel mio monastero!”
 
Con un devastante calcio ruotato l’essere dai tratti serpentiformi colpì in pieno viso l’allievo che per sua sfortuna aveva incrociato la strada del maestro in un momento di malumore e, sebbene l’apprendista pesasse più di 150 kg e il suo corpo fosse per metà quello di un leone, crollò a terra senza la possibilità di potersi rialzare per almeno un paio d’ore.
 
“Visto cosa volevo dire!” sibilò il mezzo rettile al poveretto svenuto, tutti gli altri allievi radunati in quella sala si affrettarono a ritornare ai loro posti e a riprendere gli atroci allenamenti intimoriti dallo sguardo furioso e venefico dell’abate Raukusis.
 
La creatura metà uomo e metà serpente riprese il suo giro di ispezione fra le sale di allenamento, ma la sua mente era altrove, ripensava ai continui avvistamenti di truppe da parte delle sentinelle e delle vedette del monastero del Pugno Chiuso ove loro tutti dimoravano, la situazione intorno al loro luogo di culto si stava agitando notevolmente e sebbene ancora nessun contingente armato si era avvicinato alla montagna tanto da minacciarla, l’abate non  si sentiva affatto al sicuro.
 
Aveva raddoppiato le sentinelle e fatto in modo che il vecchio villaggio ai piedi della montagna  ormai da tempo conquistato dagli gnoll venisse fortificato e attrezzato per scontri di guerriglia.
 
Ripensava anche all’imbarcazione che era approdata sulla sua costa, i monaci avevano fatto un buon lavoro distruggendo la nave e uccidendo tutti i marinai che la componevano, all’inizio l’abate aveva pensato che si trattasse di una nave da guerra che tentava una sortita dal mare, ma si rese subito conto che in realtà quelli erano profughi in fuga, qualche paesino della costa doveva essere caduto per mano di questi eserciti misteriosi che anche loro avevano avvistato.
 
“E’ necessaria molta prudenza..” sibilò fra se Raukusis scendendo le scale verso le antiche catacombe.
 
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“Quanti sono?” chiese sottovoce Thara.
 
“Ne vedo tre, ma potrebbero essere di più.” rispose Auron che grazie alla sua acuta vista elfica riusciva  a scorgere particolari impossibile da vedere a quella distanza per l’umana.
 
 “Sono piantonati davanti a piccoli casolari lontani fra loro fra i duecento e i trecento metri, indossano dei sai che li coprono completamente, ognuno ha una lanterna, non possiamo essere certi che in quei casolari non ci sia qualcun altro oltre il piantone.“
 
Gli altri annuirono d’accordo con l’osservazione del mago, in realtà non era stata loro intenzione avvicinarsi in quel modo furtivo all’abbazia, ma qualcosa, una sensazione spiacevole e malvagia aveva colto Alexander non appena il monastero era stato avvistato e i compagni del sacerdote avevano da tempo imparato a fidarsi delle sensazioni del chierico.
 
Quella sensazione fu confermata proprio in quel momento da Uriel che stava scrutando attentamente la montagna.
 
“Sul viale che conduce al monastero ci sono dei tronchi piantati nel terreno a distanze regolari..” sussurrò il monaco “C’è un corpo umano impalato per ognuno di essi.”
 
Grifis si protese a scrutare con aria scioccata da quella rivelazione, ma ciò che vide confermò le parole di suo fratello, decine di persone impalate lungo la via dell’abbazia come in una macabra processione, il ranger non poté fare a meno di distogliere lo sguardo da quello spettacolo raccapricciante.
 
Uriel aveva ora lo sguardo attento e serio verso l’abbazia, i pugni serrati e i muscoli tesi, il respiro tenuto regolare per non farsi offuscare dall’ira, ma lo strano riflesso dorato dei suoi occhi adesso sembrava vorticare con travolgente intensità come una fiamma ardente.
 
“Muoviamoci.” disse Alexander con fermezza e il gruppo riprese il cammino all’interno della boscaglia preceduto da Grifis e Thara che impugnavano le loro armi con uno spirito tutt’altro che sereno.
 
Grifis trovò ben presto un piccolo sentiero che percorreva la foresta e che puntava tortuoso verso la base della collina, la ghiaia indicava il passaggio di qualcuno, anche se il ranger si rese conto che era passato vario tempo da quando qualcuno aveva percorso quel viottolo, le impronte di sandali indicavano che potevano essere umani gli abituali abitanti di quel luogo, tuttavia qualcosa non gli tornava. In quelle impronte c’era qualcosa di strano.
 
Mentre si abbassava per controllarle meglio un quadrello di balestra si piantò proprio vicino al suo viso, il mezzo drago deglutì a fatica movendosi lentamente per rimettersi in piedi, il sangue gli si era gelato nelle vene, non tanto per il quadrello scoccato bensì perché era stato colto di sorpresa, per la prima volta il suo fine udito non lo aveva messo in guardia, non aveva sentito alcun rumore.
 
La stessa sensazione colse gli amici del ranger che rimasero nelle loro posizioni accanto a Grifis osservando con attenzione ovunque in cerca del misterioso balestriere.
 
“In questo luogo non sono graditi visitatori.” intimò una voce proveniente dagli alberi, il timbro sembrava un miscuglio fra una voce umana e un ringhio ferino, tutti quanti continuarono a squadrare il luogo cercando di capire da dove provenisse la voce ma nessuno ebbe fortuna, dopo attimi intensi di silenzio, Alexander si mosse mettendosi al centro del gruppo in piena vista.
 
“Perdonate la nostra intrusione nel vostro bosco.” disse con totale disinvoltura il mezzo celestiale, le ampie vesti clericali nascondevano le ali raccolte intorno al suo corpo celando la sua vera natura, anche la tunica azzurra di Auron  serviva bene a quello scopo.
 
“Siamo pellegrini in cerca di un riparo e un luogo dove poter riposare pregando in armonia il nostro Dio, varie vicissitudini ci hanno allontanato dalla nostra patria, abbiamo scorto il monastero che si erge su quella collina e abbiamo pensato che sarebbe stato un luogo adatto per una piccola sosta, il nostro vagabondare dura ormai da parecchi mesi.”
 
Una risata sommessa unita ad un oscuro ringhio fece capire agli avventurieri che i pellegrini non erano ben accetti in quel luogo.