[PbF] Il figlio dei ghiacci (I° Avv.)

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[PbF] Il figlio dei ghiacci (I° Avv.)

Messaggioda Vess » ven dic 22, 2006 4:21 pm

26° giorno di Sin’arim del 72° anno dalla liberazione dell’Ovest

Il ragazzino osservava l’uomo senza ombra e l’uomo senza ombra osservava il ragazzino. Per tutto il viaggio erano stati lontani e quasi casualmente non si erano nemmeno visti, ma da quando alloggiavano alla taverna “ il Cinghiale Rosso” incontrarsi era inevitabile. Da 4 giorni si studiavano. Il ragazzino era sospettoso nei confronti di chiunque e ancora di più verso quell’uomo senza ombra e con gli occhi visibilmente rossi. Dal canto suo l’uomo senza ombra sembrava interessato alla fronte del ragazzino, tanto da apparire indiscreto nel fissarla. Due piccole corna si facevano largo tra i capelli rossi e in mezzo alla fronte serpeggiava una spirale nera che pareva in rilievo, come se fosse stata impressa dall’interno.
Il ragazzino era seduto ad un tavolo a leggere un pesante tomo che si era portato dietro fin dall’inizio del viaggio, un tomo sull’evocazione, antico e prezioso, e l’uomo senza ombra stava in piedi in un angolo buio, appoggiato al lato dell’enorme camino che illuminava la sala lasciando in ombra solo i due cantucci laterali, dove il caminetto si congiungeva al possente muro di pietra. Domande di curiosità e tormento risuonavano nella sua mente, domande a cui non sapeva dare una risposta se non ponendosene altre.
Dal suo angolo buio Jarivar scrutava attento ognuno dei presenti, concentrando la propria attenzione sul ragazzino e sul capo-carovaniere che sedeva preoccupato ad un tavolo accanto al camino. Di fronte al solido Georg stava il vecchio mago, suo amico e consigliere. Ma i due non parlavano: la tempesta li preoccupava non poco. E preoccupava anche Jarivar, che sapeva non essere normale un tempo del genere in quella zona e in quel periodo dell’anno. Era poco più che autunno ma ai piedi della montagna che i popolani chiamavano “il Diadema” pareva inverno inoltrato.
Il piccolo Rickas leggeva il librone tenendolo appoggiato sul tavolo, muovendo silenziosamente le labbra come per carpire meglio i segreti lì riportati. In realtà non riusciva a concentrarsi; quanto ancora sarebbe durata la tempesta che lo teneva lontano da Darkhalls? Ancora qualche giorno e avrebbero dovuto proseguire il cammino verso sud, verso Malan, costeggiando le montagne e risalendo poi il fiume. Questo avrebbe allungato il ritorno di almeno dieci giorni. Oltretutto quell’uomo inquietante non faceva che osservarlo, senza nemmeno curarsi di non farsi notare. Parzialmente era come lui, forse come quella Aysha Meyer…quella che aveva preso il suo posto a Darkhalls…quella…quella che lui avrebbe rispedito alle origini.

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Il turno di guardia ai carri era quasi finito e Gròr Fortemartello non vedeva l’ora di rientrare nella locanda e bersi una buona birra accanto al camino. Socchiuse gli occhi e con l’immaginazione assaporò l’eccezionale birra nanica della sua città natale. Il suo pensiero andò a suo padre, sua madre, i suoi commilitoni e alla sua bella città. Gli imponenti palazzi scolpiti all’interno della montagna la rendevano diversa da tutte le città naniche. Loro non si erano limitati a decorare le sale vuote nel cuore della montagna, né si erano accontentati di vivere al suo esterno, come i pazzi di Krivij-Rig. No…loro avevano fatto di più: partendo dalle enormi sale scavate dal tempo avevano cesellato plazzi interi, addentrandosi ancora di più nella catena del Golg.
La nostalgia era ormai sua compagna da molti anni, e sapeva che la mesta signora l’avrebbe tenuto per mano per tutta la sua vita. Fortunatamente da qualche settimana riusciva a distrarsi chiacchierando con uno strano tipo, tale Jarivar; un uomo inquietante senza dubbio, ma dal cuore d’oro. Da quando però si erano fermati a causa della tempesta e alloggiavano alla locanda Jarivar appariva inquieto. Non come gli altri, che erano preoccupati per il clima insolitamente rigido; no, lui era turbato da qualcos’altro, qualcosa di cui non parlava con nessuno. Doveva riguardare quel ragazzino con le corna, evidentemente l’aveva messo di fronte al suo demone. Quello che si portava dentro, insomma. Gròr sorrise al pensiero che il suo nuovo amico credesse che nessuno si fosse accorto della sua natura. Ma come si può non notare un uomo senza ombra?
Eppure, dopo il primo tempo di diffidenza tutti avevano cominciato a stimarlo. Bè…non proprio tutti; solo quelli che avevano visto cos’era riuscito a fare quando Gròr era stato ferito nelle terre selvagge attorno a Faliman. L’aveva curato, e un uomo malvagio non può avere il favore degli dei e curare una persona a quel modo.
Così meditava Gròr, cercando di ripararsi dal freddo parandosi dietro un carro, insieme a due cavalli. Già, perché le stalle del villaggio non erano riuscite a contenere tutti cavalli della carovana, e molti erano rimasti fuori, frustati dal vento e infradiciati dalla neve. Finalmente erano venuti a dargli il cambio e lui sarebbe potuto andare ad asciugarsi accanto al fuoco. Gròr si avviò verso la taverna, sperando di avere notizie da Georg riguardo il da farsi. Sapevano tutti che non sarebbero potuti restare lì in eterno.

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Erian stava sdraiato sul morbido letto nella stanza della locanda e al contrario di tutti i suoi compagni di viaggio non era minimamente preoccupato per la tempesta. Nonostante fosse insolita avrebbe solo ritardato di un po’ l’arrivo ad Onarron, dove non lo aspettava nulla a parte la favolosa biblioteca del palazzo del governo, fornita dei più pregiati volumi di magia. E di certo, a distanza di pochi giorni, sarebbe stata ancora lì. La stanza era pulita e la cucina ottima; non poteva lamentarsi assolutamente di nulla, se non di qualche scocciatore che durante il viaggio cercava di conversare con lui. Cercava di stare il più possibile lontano dalla sala del camino, troppo affollata e chiassosa per i suoi gusti. Ogni tanto però si faceva vivo, più che altro per ricevere eventuali notizie sulla partenza o per scaldarsi vicino al caminetto.
Come tutte le sere prima di cena uscì dalla stanza portandosi dietro il libro degli incantesimi, scese le pesanti scale in legno che portavano all’osteria ed entrò nella sala comune, illuminata dal massiccio caminetto. Le facce erano sempre le stesse, e le azioni anche. Il vecchio mago e Georg stavano sempre allo stesso tavolo a discutere silenziosamente, con sguardi che, dopo tanti anni di viaggio assieme, avevano sostituito le parole. Il ragazzino con le corna era seduto da solo a leggere un antico libro a lui familiare…un libro su cui gli sembrava di aver studiato tanti anni prima…il nano e l’uomo senza ombra guardavano le altre guardie giocare ai dadi provvedendo a sedare le eventuali risse di gioco…gli altri passeggeri della carovana si riunivano in piccoli gruppetti, discutendo prevalentemente della tempesta e lamentandosi della conduzione della carovana. I mercanti, più avezzi ai lunghi viaggi e quindi agli inconvenienti, si avvicinavano a Georg in piccole delegazioni, per esprimere la loro solidarietà e proporre alternative. Alcuni bambini giocavano sul pavimento accanto al camino, attentamente sorvegliati dalle mamme che ricamavano chiacchierando in una sorta di solidarietà femminile.In piedi sulla porta si fermò ad osservare quella scena, il libro degli incantesimi stretto al petto e il cuore trafitto da una gelida scheggia. Odiò la tempesta. Odiò la carovana che si era fermata lì per tanti giorni. Odiò la Torre che gli aveva portato via l’infanzia. Odiò sé stesso.

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Non servivano le parole per capire ciò che Georg stava pensando. Il suo sguardo, per molti inespressivo nell’osservare la fiamma del camino attraverso il boccale di birra era per Balduran un segno eloquente. Erano ormai fermi lì da quattro giorni in attesa che la montagna placasse la sua furia, ma la tempesta si dimostrava sempre più rabbiosa e violenta.
Georg alzò lo sguardo verso i saggi occhi il suo venerando amico. “Sì, Georg, sarebbe troppo pericoloso.” Georg fissò nuovamente il camino, poi diresse ancora l’attenzione al vecchio mago, in cerca di risposte. “Sì, Georg. Lo so che ci cercano a Sud. E so che siamo troppo numerosi per passare inosservati.” Avevano scelto assieme quella strada, la strada della Libertà. Quaranta schiavi erano con loro, in attesa di essere liberati oltre la frontiera. Quaranta anime tra donne, bambini e ragazzi erano state acquistate a Kailic, e secondo il piano avrebbero dovuto recuperane altrettanti nella capitale. Ma qualcosa era andato storto. Le guardie erano informate de loro arrivo, e se non fosse stato per un solerte amico di Georg a quel punto sarebbero stati catturati e imprigionati nell’arena. A Nuril liberare uno schiavo era consentito, ma liberarne così tanto era considerato un atto rivoluzionario. E infatti questo era. La rivoluzione. La stessa che aveva coinvolto gli gnomi di Roywyn, gli uomini di Onarron, delle isole e di Ashan – tra i quali Georg – e che spingeva ognuno a combattere secondo le proprie possibilità. Georg, figlio di un ricco mercante di Ashan, una volta ricevuta l’eredità del padre aveva cominciato ad organizzare carovane fantasma, con le quali liberava gli schiavi che riusciva a comprare. Solo lui e Baluran sapevano che gli schiavi presenti nella carovana erano destinati alla libertà. E solo loro due sapevano che nelle pianure a Nord di Malan erano attesi dall’esercito per la confisca del carico e la loro esecuzione. Andare a Sud avrebbe comportato la morte di tutte le persone, mercanti e passeggeri, che si erano affidate a loro. A meno che…
Georg si guardò intorno; dopo tanti anni da capo-carovaniere aveva imparato ad inquadrare la gente e a ricordarsi tutte le facce. Nella sala comune c’erano quasi tutti; mancavano gli schiavi e le sentinelle di guardia ai carri e agli schiavi stessi. Finalmente con occhi decisi guardò il vecchio mago.
Il mago sorrise. Era la scelta giusta per tutti. Sarebbero partiti l’indomani verso il Passo della Vipera, mentre gli altri avrebbero continuato il cammino verso Sud. Senza di loro non avrebbero corso rischi.
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Messaggioda Blackstorm » ven dic 22, 2006 5:22 pm

Maledetta neve. Maledetta tempesta. Maledetta taverna. Brutto tempo. Troppo, per questa stagione. Gròg, accidenti, finisci il tuo turno in fretta, maledizione.

Jarivar si avvicinò alla finestra, per controllare che quel nano non si fosse congelato. Sorrise vedendo quello strano nano avvicinarsi alla taverna, a conclusione del suo turno di guardia. Si avviò verso il bancone, ed inevitabilmente lo sguardo si posò di nuovo su quel ragazzino...

Lo sai cosa vuol dire essere un ragazzo? Lo sai cosa vuol dire essere più di quel che sembri, e meno di quel che vorresti?
Al diavolo, certo che lo sai, ragazzino. Porti quel libro più grande di te, più potente di te. E ne vuoi carpire i segreti. Lo sai, lo sappiamo tutti e due cosa vuol dire essere un ragazzo. E forse sai anche cosa vuol dire essere schiavo. O non libero.


Il suo sguardo durò come sempre qualche secondo di troppo. Aveva smesso di preoccuparsi di quel che pensavano gli altri di lui molto tempo fa. Per lui avrebbero parlato le sue azioni, non il suo retaggio. Come con quel nano. Se ne era accorto, che non si può giudicare una persona da quello che è. Come Taddeus.
Gli occhi brillarono per un attimo di un puro lampo di sangue. Rivide Taddeus. Rivide il sangue. Rivide Timmy. Guardò il ragazzo.

Sei ancora giovane. Imparerai. Imparerai dalla vita. E spero che tu possa imparare in maniera molto meno dura di come abbia fatto io, ragazzo.

Arrivato al bancone ordinò la migliore birra che avessero, ed un bicchiere di vino. Mentre aspettava, guardava il vecchio mago. Era un mistero. Parlava anche meno di Jarivar, questo era certo. Se ne sarebbe preoccupato dopo. Se ci fosse stato bisogno. Prese birra e vino, pagò, e dopo un ultimo sguardo al ragazzo, si sedette ad un tavolo libero, preparando la sua pipa in attesa di invitare il Gròg a bere con lui, quando fosse entrato.

Maledetto tempo. Maledetti demoni.
Ultima modifica di Blackstorm il sab dic 23, 2006 1:56 am, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Veteran » ven dic 22, 2006 6:41 pm

Il vecchiò si alzò ed andò a accomodarsi vicino alla finestra. Lo sguardo perso nel turbinio della neve, con la serietà di chi sa a cosa va incontro, e sa che non è niente di buono. Abbozzò una risata tra sè e sè, pensando a un gruppetto di uomini che osano sfidare quei monti, che la Madre Natura aveva protetto da mani umane per millenni. Meglio sdrammatizzare in certe situazioni, pensò. Quel che è certo è che da soli, lui e Georg non sarebbero riusciti neanche a metterci un piede in quel fantomatico sentiero. Inoltre, non erano soli, anche il ragazzino speciale doveva venire con loro.

Notando dunque con la coda dell'occhio che l'uomo senza ombra l'aveva squadrato, attraversò il salone, tirando fuori la sua pipa. Passando vicino a Jarivar si chinò appoggiandosi al suo bastone, e chiese con un sorriso che lasciava trapelare la stanchezza "scusami se ti disturbo nella tua attesa, compagno di viaggio, mi chiedevo se avessi un cerino per accendermi la pipa, i miei si son tutti bagnati".
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Messaggioda Blackstorm » sab dic 23, 2006 12:15 am

Jarivar stava mettendo il tabacco nella sua pipa, aspettando Gròg. Aveva già assaggiato il vino di quella locanda, nei giorni precedenti. Non era eccelso, ma era forte e scaldava il corpo. Notò un'ombra avvicinarsi, e fece un sorriso. Trovava curiose le ombre. Quelle delle persone. Più volte aveva benedetto il suo sangue, nelle strade peggiori di Nuril, che gli aveva permesso di sparire in fretta senza essere visto. Non era mai stato contento di avere quel sangue, ma stava imparando a non ribellarsi a se stesso. Avrebbero parlato gli atti, per lui.

bloodydragon ha scritto:"scusami se ti disturbo nella tua attesa, compagno di viaggio, mi chiedevo se avessi un cerino per accendermi la pipa, i miei si son tutti bagnati"


Alzò lo sguardo, lentamente. Un sorriso stanco, segno del viaggio. Nessuno di loro era in grande forma. Porgendogli da accendere, gli disse:

"Che coincidenza. Stavo proprio pensando a voi. Perchè siamo fermi qui? Avremmo dovuto piegare a sud alle avvisaglie della tempesta. Ed anche dopo, non mi sembra che ci sia appastanza neve da fermare i carri anche in pianura... Perchè tergiversiamo? Ogni giorno che passa l'inverno si avvicina, ed il tempo non pare aver voglia di essere clemente con noi. Potremmo ritrovarci bloccati se non partiamo al più presto."
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Messaggioda Lyonard_Kraven » sab dic 23, 2006 1:44 am

Il tempo condivide la mia offesa...

Il ruggito della tempesta, l'urlo del vento che s'insinuava fra i crepacci della zona e le fessure della locanda, compagni strani e curiosi. A fatica, il ragazzo riusciva nella lettura, per colpa di tutte queste distrazioni, mantenendo comunque gli occhi fissi sul testo, mentre i pensieri vagavano. Lui lo stava guardando, ancora. Ma stavolta non avrebbe replicato, basta abbassarsi al livello di quell'essere fastidioso e inutile.

Perchè quel tizio mi guarda? Perchè son 4 giorni che non fa altro? Uff, non lo sopporto... E' una mancanza di rispetto intollerabile! Chi diavolo si crede di essere? Alla Torre del Sud neanche si sognavano di guardarmi così, figuriamoci nelle Black Rooms... Spero solo di riparire al più pr-

Il vago peregrinar dei suoi pensieri fu interrotto dal discorso appena iniziato tra l'oggetto delle sue riflessioni e quel vecchio, che sembrava aver perso la spina dorsale ormai da tempo. Si alzò con moderate movenze, rimise a posto la sedia, afferrò il tomo e, fingendo indifferenza al dialogo dei due, attraversò la stanza, fino a fermarsi davanti al grande camino. Si sedette per terra, esponendo il libro alla luce del fuoco e se stesso al suo calore, sperando che ciò lo aiutasse nella lettura. Invano, i suoi pensieri tornavano sui compagni di viaggio, in particolare il vecchio...

Mah... A volte rimpiango di avere ragione... Uno che non è neanche in grado di proteggere dei cerini dall'acqua, potrà mai essere d'aiuto in mezzo a una tormenta?

Rimase fermo, gli occhi fissi sul tomo a fingere di leggere, mentre le orecchie erano attente alla discussione: prima sarebbero partiti, prima si sarebbe liberato dello scocciatore senza ombra, prima avrebbe compiuto il suo dovere.

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Nota: Pensiero, Azioni, Parlato
Il destino è una facile scusa per tutto ciò che l´uomo non ha voglia di spiegare.
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Messaggioda Nihilum » sab dic 23, 2006 9:11 am

"Che sia maledetta questa taverna, che sia maledetta questa tempesta, per tutto quello che mi sta facendo ricordare" pensava Erian, stringendo il pugno nel tentativo di riprendere il controllo di se stesso. "Rimani calmo, cerca non farti prendere dai sentimentalismi, tu non hai mai avuto bisogno di nessuno e tantomeno ne hai ora, se sei riuscito a non impazzire in quella maledetta torre come possono delle semplici donne farti sentire così debole e fragile? Come d'improvviso i ricordi di Erian lo riportarono a quando era ancora alla torre, ricordava di tutte le notti che si era sentito solo e abbandonato in quella grande torre, si domandava se vi era un motivo per cui il destino lo aveva condannato a vivere un'infanzia così orribile, un' infanzia in cui il solo modo di far riconoscere agli altri che lui esisteva era diventare il migliore, superando gli altri, per sentirsi freddamente elogiato dai maghi che prevedevano per lui un futuro come mago di talento, degno del buon nome di suo padre e sua madre..........
Ridestatosi dai suoi ricordi s'incammino verso la sua stanza dove lui alloggiava e per l'ennesima volta si rimise a sfogliare il suo grimorio degli incantesimi, aspettando impazientemente che quella maledetta tempesta cessasse.
Ultima modifica di Nihilum il sab dic 23, 2006 2:17 pm, modificato 1 volta in totale.
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Messaggioda Veteran » dom dic 24, 2006 10:19 am

Blackstorm ha scritto:Porgendogli da accendere, gli disse:

"Che coincidenza. Stavo proprio pensando a voi. Perchè siamo fermi qui? Avremmo dovuto piegare a sud alle avvisaglie della tempesta. Ed anche dopo, non mi sembra che ci sia appastanza neve da fermare i carri anche in pianura... Perchè tergiversiamo? Ogni giorno che passa l'inverno si avvicina, ed il tempo non pare aver voglia di essere clemente con noi. Potremmo ritrovarci bloccati se non partiamo al più presto."


Sarà meglio che sappia tutto

Al termine delle parole di Jarivar, il vecchio tira su la schiena, afferra una sedia e si mette anche lui al tavolo. Prende fiato, e nell'istante nota il nano avvicinarsi al tavolo. Lo accoglie "Vieni pure a sederti, amico nano. Sarebbe bene che ascoltassi anche tu ciò che ho da dire."

Atendendo che il nano si scrollasse la neve di dosso e si sedesse con calma, il vecchio mago fa un'altra lunga boccata della sua pipa, esalando un anello di fumo.
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Messaggioda Vess » dom dic 24, 2006 1:01 pm

Georg attese che Balduran si sedesse al tavolo con il nano e l'uomo senza ombra, finì la birra e si alzò in piedi, sgranchendosi le gambe indolenzite dall'inattività. Il ragazzino era ancora lì. Gli si avvicinò con calma, e prima che Rickas potesse alzare la testa si era già seduto di fronte a lui. Cominciò a guardarlo da sotto le folte sopracciglia castane con i suoi caldi occhi marroni. Non si trovano mai le parole giuste per annunciare certe cose, soprattutto quando bisogna dire a qualcuno di rischiare la propria vita. Le labbra, parzialmente nascoste da barba e baffi, si schiusero leggermente ma non uscì nessun suono. Georg aggrottò le sopracciglia, chiuse gli occhi un istante e poi cominciò a parlare:
"Ascolta, ragazzo" Si interruppe per cercare le parole "te lo dirò nel modo più diretto possibile, non sono bravo coi giri di parole. Non in queste situazioni, insomma....abbiamo saputo che tra Malan e le montagne ci sono dei posti di blocco che fermano tutte le carovane che passano. Sai bene che se nella mia carovana trovassetro te, il guaritore " indicò Jarivar con un cenno del capo " e il nano faremmo tutti una brutta fine." Fece una pausa per assicurarsi che il ragazzo lo stesse seguendo. "Domani, mentre il resto della carovana piegherà verso Sud...noi...noi dovremo attraversare le montagne. Questo è l'unico modo per avere una possibilità di salvezza. Sei con noi?"
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