Monastero del tempo, 14° giorno del 5° mese, 1814 U.E.
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La pietra aveva cantato. La pietra aveva parlato. La pietra era con lui. Ulfgar la sentiva anche ora, dentro quel luogo sacro che sapeva di pietra antica. Pietra saggia. Pietra che custodiva il tempo. Il tempo e le sue storie. Le poteva quasi sentire, ad ogni passo lungo i pavimenti di pietra del Monastero del Tempo. Era capitato lì quasi per caso. In realtà si rendeva conto che era stato chiamato dalla pietra, e la pietra lo voleva lì. Non c’era altro motivo, ne era certo, per il quale l’accesso all’istmo era stato bloccato poco dopo il suo arrivo, da una frana. Ora si aggirava per i corridoi del monastero, pago di sentire dentro di se la pietra, quella pietra così antica… e saggia. Intanto era riuscito a trovare alcuni libri riguardanti le pietre, libri di ingegneria e di arte, che trattavano l’infinita varietà di modi in cui è possibile modellare la pietra. Ma lui preferiva sentirla, toccarla, piuttosto che leggerla, anche se, lo ammetteva, le descrizioni di quel posto, piano elementare, lo chiamava il libro, lo commuovevano. L’unica cosa che lo mettava a disagio in quel posto era la costante osservazione di quei due monaci…
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La danza era tutto. La danza ed il necessario per vivere. Cosa ci faceva in quel posto? Il Monastero non era posto in cui danzare. Non era posto in cui rubare. Ithyris era al Monastero per studiare antichi testi di erboristeria, per imparare i metodi più efficaci per produrre antidoti per i veleni. E perché no, per produrre anche i veleni. Era noto che quelle biblioteche avevano informazioni su tutto. Ed erano accessibili a tutti. La giovane elfa era venuta apposta. Per questo e per vedere di riuscire ad imparare tecniche nuove contro nemici che non avevano parti del corpo vitali… e a volte nemmeno parti del corpo. Ed ora si trovava la via bloccata da una frana. E quel nano che si aggirava come se non gli importasse dei libri… Come se gli importasse solo della pietra. Bah, nani…
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Namir si sistemò per l’ennesima volta l’elegante mantello nero. Il viaggio lo aveva stancato, ma fortunatamente era valsa la pena attraversare Cronel per accedere alle sterminate biblioteche del monastero. C’era la conoscenza. E Namir sentiva la presenza dell’Unico. Ne sentiva la presenza, come quella di tutte le altre divinità . O forse erano solo emanazioni diverse della stessa presenza? Non c’era altro modo che il duro suolo di Cronel per scoprirlo. Se solo non fosse franato il terreno. Nel frattempo impiegava le giornate a studiare gli antichi testi di saggezza. E si teneva ben alla larga da quell’elfa. Non che avesse qualcosa che non andava. Anzi. Proprio per questo se ne teneva alla larga…
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I viaggi lontani, solitari. Gli bastava questo per non fargli accettare una promozione che più volte gli avevano proposto, lungo gli anni in cui era stato a servizio a Cradhall. E più volte aveva rifiutato. Spesso avrebbe voluto sedersi e riposare, ma ogni volta era eccitato dalla prospettiva di una nuova missione, di un nuovo viaggio. E questa volta la missione era importante. Cercare qualsiasi cosa che li aiutasse a capire cosa stava succedendo nella foresta dei morti. Naturalmente si era offerto volontario. E naturalmente era partito da solo. Sapeva che non gli avrebbero negato una missione del genere. In fondo lui era il migliore. Forse. Si massaggiò pensoso il polso, ricordo bruciante di una vita precendente, e tornò sui suoi libri.
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I due monaci osservavano gli ultimi arrivanti. Enkidu non aveva chiesto informazioni sul perché di quelle osservazioni, sapeva che gli sarebbe stato spiegato tutto ciò che doveva sapere. Cadfael, il monaco che stava accompagnando, indicava a volte uno degli ospiti. Enkidu faceva un cenno, e proseguivano in silenzio. I passi erano silenziosi. Dopo qualche giorno di questi passaggi (cominciati subito dopo che era franato l’accesso), Enkidu notò che Cadfael indicava sempre le stesse persone: un elfo, un elfa, un ragazzo che poteva avere una decina d’anni in meno di lui, a quanto poteva giudicare, ed un nano, che sembrava quasi avesse un rapporto mistico con la roccia.
Alla fine dell’ennesimo giro, Cadfael si rivolse ad Enkidu, poche parole, lo stretto necessario:
“Portali nella Sala del Riposo. L’abbiamo fatta chiudere. E rimani con loro, finchè non verrò.â€
Ciò detto si girò e andò verso la stanza dei Cinque Signori.