da Burar » sab dic 22, 2007 5:38 pm
Caldo, sentiva caldo, sentiva il rumore del fuoco, come nel salone della casa di suo padre, la sera dei giorni di festa con le luci dei lampadari e la musica dei bardi.
Buio, era tutto buio, come quando da piccolo stava al freddo nel suo letto, e non voleva aprire gli occhi per paura che il mondo fosse scomparso, e solo quando sentiva la voce di sua madre aveva il coraggio di aprirli, piano piano, un millimetro alla volta.
Caldo e Buio, le due cose non stavano bene insieme. Non gli sembrava una condizione familiare, e aveva tanto bisogno di qualcosa di amico, di conosciuto, di solito. Sapeva che non avrebbe sentito la voce della madre, eppure follemente la desiderava. Allora si accorse di avere degli occhi, e si accorse che erano serrati, disperatamente, per paura che il mondo fosse scomparso. E decise di aprirli, piano piano, un millimetro alla volta, come faceva un tempo.
Da una parte c'era il fuoco, caldo, ma in qualche modo tremendo, e sentiva che in qualche modo ormai faceva parte di lui. Dall'altra parte c'era una donna. Sua madre, pensò per un attimo. No non era sua madre, non lo guardava come lei lo avrebbe guardato, anzi non lo guardava affatto, guardava altrove, forse il fuoco, forse qualcosa oltre, non lo sapeva.
Chi era lui? Chi era stato? Brandelli di ricordi affiorarono alla sua mente, a volte solo un frammento, a volte intere pagine. Si sforzò di ricordare per minuti, ore giorni, non lo sapeva. Si sforzò fino a farsi scoppiare il cervello.
Alla fine sapeva CHI era, ma non sapeva DI CHI era.
Tra i vari ricordi sfocati uno gli si stagliava vivido come se lo avesse sotto gli occhi. Un giorno di sole a Newtown, ai piedi del vulcano, sulla strada del porto. Una vecchia dal viso rugoso che gli aveva letto la mano per una moneta e gli aveva detto "Puoi vivere senza sapere perché, ma non puoi vivere senza sapere per chi".
Sapeva di appartenere a uno, anzi a Una, la sua Signora, ma chi era? Non lo ricordava. E ne provava dolore e vergogna.
Tastò il suo corpo per sapere se era ancora il suo, quello che ricordava, quello che aveva tanto amato e curato come un gioiello. Sentì che era ancora quello di una volta, ma più caldo, caldo, caldo.
FREDDO! cos'era quella cosa fredda che aveva sul petto? D'un tratto lo seppe, era metallo, era il segno della sua Signora, era il suo dono per lui. Ora sapeva a chi apparteneva ed era felice.
Doveva gridare al mondo la sua felicità , gridarlo al mondo come a Lei sarebbe piaciuto.
Le parole gli uscirono dal di dentro come se avessero sempre covato in un posto segreto della sua anima. Le urlò come un bimbo urla la sua voglia di vivere appena uscito del grembo materno. Non gli interessava che qualcuno lo stesse ascoltando, forse la donna o forse il fuoco stesso. Non gli interessava che fossero parole, suoni o vagiti. Cantava per sé stesso e per la sua Signora, per nessun altro al mondo.
Il Fuoco, il Fuoco distrugge
Dal Fuoco tutto rinasce.
Sento la vita che fugge
Eppure il Fuoco mi pasce.
Il Fuoco, il Fuoco è mia Madre
Mi abbraccia come un bambino.
Il Fuoco il fuoco è mio Padre
Mi guida nel mio cammino.
Sol per Te io canto Signora
A Te e al Fuoco appartengo.
Amor ti chiedo in quest'ora
A Te in quest'ora io vengo!
Adesso era felice, poteva lasciar andare la sua mente, smettere di tormentarsi e abbandonarsi a quello che il destino gli avrebbe riservato
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